Roma, 15 mar – "Da due giorni il team di Medici senza frontiere è nell'hotspot di Pozzallo per dare supporto psicologico ai 17 sopravvissuti dell'ultimo naufragio. Sono partiti in 47 da Tobruk lo scorso 8 marzo, erano stati imprigionati per due mesi nelle prigioni libiche, e la mattina della partenza sono stati costretti a salire sul barchino sotto la minaccia dei fucili dei loro aguzzini. Il giorno prima di essere intercettati, il motore del barchino si è fermato: loro dicono di non ricordare quasi più nulla, neanche quanti fossero già morti ancora prima che il barchino si capovolgesse in mare". Così Marina Castellano, responsabile dell'intervento di Medici Senza Frontiere a Pozzallo, che riporta i racconti delle persone assistite dopo il naufragio avvenuto domenica scorsa in acque internazionali. "Erano tutti ragazzi tra i 18 e i 35 anni, noi continuiamo a dare supporto a questi ragazzi, la cui prima richiesta è stata poter comunicare con le proprie famiglie, far sapere loro che erano vivi. Abbiamo sentito dall'altra parte del telefono le grida di gioia delle madri che credevano morti i loro figli, e invece quelle di dolore delle mamme cui veniva comunicato che i figli non ce l'avevano fatta. Erano tutti dello stesso villaggio, si conoscevano tra loro, alcuni hanno perso zii e cugini in questo viaggio".
(PO / Sis)
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