di Paolo Pagliaro
Del lavoro povero sappiamo quasi tutto, anche se ora si ritiene che non sia abbastanza povero e diffuso da meritare un salario minimo. Sappiamo invece molto poco del lavoro ricco. Viene in aiuto un’ inchiesta dell’associazione EticaEconomia sui redditi dei top manager delle imprese. Il primo dato è quello che riguarda il compenso annuo medio degli amministratori delegati delle 100 società più capitalizzate: 2 milioni e 120 mila euro. Trattandosi di una media, non rende esplicite le sperequazioni, che pure sono notevoli. Il 26% dei CEO quadagna infatti più di 4 milioni. L’anno scorso il compenso più alto è stato superiore ai 19 milioni e ne ha beneficiato l’amministratore delegato di Stellantis. Il settore più generoso con i capi azienda è la finanza, dove si guadagnano in media 3.575.000 euro l’anno.
Ma in genere le vere ricchezze non nascono dagli stipendi. Ci sono 84 mila persone nel mondo, e 4 mila in Italia, che hanno un patrimonio personale superiore ai 100 milioni, quasi sempre frutto di rendite e attività finanziarie. Nell’ultimo decennio i miliardari del pianeta hanno più che raddoppiato i propri patrimoni, passati da 5.600 a 11.800 miliardi di dollari. Eppure per ogni dollaro di gettito fiscale solo 4 centesimi provengono da imposte patrimoniali. Con le regole attuali metà dei milionari del mondo non sarà assoggettata ad alcuna imposta di successione, potendo trasferire, esentasse, una ricchezza pari a 5 mila miliardi di dollari ai propri eredi. L’Italia è tra i paesi in cui questa elusione è plateale. Contiamo che se ne occupi il Cnel.