di Paolo Pagliaro
Il consiglio dei ministri affiderà a un decreto il compito di dare impulso al Piano di ripresa e resilienza, sul cui stato d’avanzamento si sa in raltà assai poco. La totale assenza di trasparenza viene da tempo denunciata da chi – come la fondazione Openpolis – sin dall’inizio tiene sotto osservazione il progetto con cui l’Italia si gioca un pezzo di futuro. A fronte di una dote di 195 miliardi, non sappiamo quanta parte delle risorse sono state messe a gara. Le stime variano all’interno di un ampio intervallo fra i 45 e i 70 miliardi , ma sono concordi nel dire che le gare aggiudicate non valgono più di 24 miliardi. Degli obiettivi finali del piano – i famosi target – è stato raggiunto solo il 16%.
Stefano Firpo, direttore generale di Assonime, l’associazione delle società per azioni, ha affidato a un podcast la richiesta di maggiore trasparenza sulle riforme e i progetti strategici , come quelli riguardanti le politiche attive del lavoro, le iniziative per ridurre l’arretrato dei tribunali e rendere più veloce la giustizia, la digitalizzazione delle scuole, la diffusione delle telemedicina e della sanità digitale, il rilancio della formazione tecnica, la valorizzazione del turismo, le connessioni a banda ultra larga.
Osserva Firpo che potendosi basare solo su scarse e frammentarie informazioni, il dibattito pubblico sul Pnrr vive di aneddoti, percezioni e diventa terreno di uno sterile scontro fra controparti disinformate che si scatenano sui giornali ogni volta che sta per scadere il pagamento di una rata da psrte della Commissione europea. E questo, conclude l’economista, è un vero peccato.
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