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Tra frappe, bugie e struffoli: tradizioni culinarie regionali per tutti i gusti

L’uso del termine carnevale risale al XIII secolo e diventò presto una tradizione che coinvolse tutto il mondo cristiano: Carnevale vuol dire “togliere la carne”.


È considerato un periodo di eccessi, soprattutto culinari, e divertimenti; precede l’inizio del digiuno quaresimale ed è per tale motivo che non ha una data precisa ma varia di conseguenza. Questi giorni di festa vengono celebrati con una grande quantità di dolci e ogni regione vanta vaste ricette gastronomiche tipiche. Non c’è nulla di più reale, in questo caso, del detto “Paese che vai, usanza che trovi”. Per la maggior parte, i dolci carnevaleschi hanno come metodo di cottura la frittura, il più veloce ed economico (per assicurarne una grande quantità); prevedono pochissimi ingredienti e hanno alle spalle una tradizione millenaria che si tramanda da generazione in generazione. Il dolce più diffuso, da nord a sud, è una pasta tagliata a nastri e fritta, l’unica variazione è il suo nome: in Liguria ci sono “le bugie”; nel Lazio le “frappe”; in Piemonte, Lombardia, Campania e Sicilia le “chiacchere”. Venivano considerati i dolci del Martedì Grasso, l’ultimo giorno del Carnevale, ultima occasione per concedersi cibi fritti prima del digiuno quaresimale. In Trentino troviamo i krapfen di Carnevale, una pasta lievitata che va fritta nello strutto. Il carnevale più celebre, quello di Venezia, offre i crostoli. Sempre in Veneto, ma anche nel Lazio e in Emilia Romagna, troveremo le castagnole, denominate così proprio perché la loro forma ricorda una castagna. Le zeppole di Carnevale sono un altro dei dolci tipici quasi in tutta Italia, preparato in varie declinazioni in base alla regione. Di antiche origini, appartiene alla tradizione carnevalesca campana, il migliaccio; ma uno dei dolci più conosciuti, con origini partenopee, è quello degli struffoli, piccole palline di pasta dolce fritta. Tipico della tradizione toscana è il berlingozzo, che ha origine nel Quattrocento: il nome deriva da “berlinganaccio”, un termine che in gergo significa divertirsi a tavola, come viene richiesto dall’aria giocosa che porta il Carnevale.

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