di Paolo Pagliaro
La conferma che si sta facendo impercettibile il confine tra la vita reale e quella digitale, tra la vita vera e quella posticcia, arriva dalla notizia che negli Stati Uniti esercito, marina e aviazione cercano reclute tra i giocatori di videogame, cioè tra gli adolescenti che – ad esempio - sanno pilotare un drone per uccidere a distanza. Le modalità del reclutamento sono descritte in un lungo e dettagliato reportage del quotidiano inglese Guardian. Rivolgersi a bambini e adolescenti sembra diventata una necessità di fronte al calo delle vocazioni militari: l’anno scorso negli Stati Uniti sono rimasti scoperti 41 mila posti riservati ai volontari. Puntare sui giovani appassionati di videogiochi per sostituire i marines mancanti suscita ovviamente obiezioni di cui si è fatta interprete le deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez, che ha invano proposto il divieto di reclutamento attraverso i videogiochi, spiegando che i bambini e gli adolescenti non sono abbastanza grandi per comprendere quale sia il pedaggio psicologico, fisico ed etico che occorre pagare quando si sceglie il servizio militare.
Etica è una parola che ricorre sempre più spesso nelle riflessioni sulle nuove frontiere della tecnologia. La si ritrova in alcuni libri recentemente pubblicati in Italia come “La tua faccia ci appartiene”, titolo dell’inchiesta di Kashmir Hill per Orville Press sulle insidie del riconoscimento facciale . Oppure “Umano, poco umano”, editore Piemme, in cui Mauro Crippa e Giuseppe Girgenti suggeriscono come ritrovare le connessioni umane a discapito di quelle digitali. Sembra facile ma è sempre più difficile.