Roma, 21 mar - La Geo Barents, nave di ricerca e soccorso di MSF, ha ricevuto ordine di fermo amministrativo di 20 giorni da parte delle autorità italiane per il presunto mancato rispetto delle istruzioni della Guardia costiera libica durante l'operazione di soccorso di sabato scorso e perché avrebbe messo in pericolo la vita delle persone soccorse. Msf farà ricorso contro questo fermo “che riteniamo ingiusto” fa sapere la Ong. Si tratta della ventesima volta che la nave di una Ong viene fermata, dall’entrata in vigore del cosiddetto decreto Cutro che istituisce il fermo amministrativo per le navi di search and rescue che non ottemperano alle regole di salvataggio: l’accusa è di aver impedito lo scorso 16 marzo il soccorso della Guardia Costiera libica che però, come già denunciato proprio da Geo Barents, “in realtà ha effettuato manovre che hanno messo in pericolo la vita delle persone”: un episodio che avevamo denunciato con le immagini messe a disposizione da Sea Bird 2, un’altra nave umanitaria. Fulvia Conte, responsabile dei soccorsi di MSF, torna a ricordare che “mentre soccorrevamo 146 persone, un pattugliatore della Guardia Costiera Libica donato dall’Italia un anno fa, ha bloccato le operazioni di soccorso mettendo in pericolo le persone sul barchino e minacciando il personale MSF”. E a ribadire che, in base al memorandum Italia-Libia, “la Guardia costiera libica, finanziata dall’Italia e dalla UE, mette in pericolo la vita delle persone in mare e cerca di fermare le operazioni di salvataggio della società civile. Vediamo un accanimento contro le Ong. Si vuole fermare chi al contrario degli stati costieri cerca di garantire la vita delle persone in mare e cerca di garantire missioni di ricerca e soccorso, tra l'altro testimoniando la costante e deliberata violazione del diritto internazionale e di quegli stessi trattai che anche l'Italia ha firmato". Ieri la Geo Barents era sbarcata nel porto assegnatole di Marina di Massa, in Toscana, dopo diversi giorni di navigazione forzata, con a bordo 249 sopravvissuti, alcuni dei quali hanno raccontato le proprie storie: Abdalle, 22 anni, ha spiegato per esempio al team di Msf: “Siamo rimasti in mare per un giorno e mezzo senza cibo né acqua. Dopo poche ore, il motore ha smesso di funzionare e l'acqua ha iniziato ad entrare nella barca. In poco tempo si è riempita. A un certo punto le persone hanno iniziato ad alzarsi e a muoversi. La barca ha perso equilibrio e si è capovolta. Ho pensato che fosse l'ultimo giorno della nostra vita”. Con lui Idriss, 40, che ricorda: “Eravamo alla deriva, l’acqua ha iniziato ad entrare nella barca. Le persone erano spaventate, eravamo tutti in preda alla disperazione. Io so nuotare, non avevo così tanta paura ma guardando intorno a me e vedendo tutti quei bambini e persone che non sanno nuotare ho pensato ‘Spero che non cadremo in acqua’.
(PO / Sis)
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