“L’offensiva di terra su Rafah è fissata”. Lo ha detto ieri in un video pubblicato su Telegram il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, rilanciando le preoccupazioni internazionali per l’annunciata azione militare nel quadrante dell’enclave nel quale si concentrano più di un milione di sfollati. Da tempo le organizzazioni umanitarie sostengono che un’offensiva in quest’area vorrebbe dire migliaia di morti innocenti. Netanyahu non ha comunque specificato quale sarà la data esatta dell’attacco aggiungendo che “l'ingresso a Rafah” è necessario per una “vittoria completa su Hamas”. Rafah, nella parte più meridionale dell’enclave assediata, è il luogo dove si stima che circa 1,5 milioni di palestinesi si stiano rifugiando dopo essere fuggiti dai combattimenti nel nord. Sempre ieri, il ministro israeliano per la Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha affermato che se Netanyahu abbandonasse i piani per un’offensiva di terra a Rafah, potrebbe perdere il sostegno della coalizione che lo ha mantenuto al potere. Da parte sua, Il Dipartimento di Stato americano ha rimarcato che Israele non ha informato gli Stati Uniti sulla data dell'annunciata invasione di Rafah. Matthew Miller, portavoce del Dipartimento di Stato Usa, ha ribadito che gli Stati Uniti ritengono che un'offensiva di terra "avrebbe un effetto enormemente dannoso sui civili, e alla fine danneggerebbe la sicurezza di Israele".
Intanto Hamas in un comunicato rende noto di ritenere insoddisfacente l’ultima proposta di accordo avanzata da Israele nella mediazione in corso in Egitto. Hamas ha affermato di aver ricevuto la proposta tramite mediatori egiziani, qatarioti e americani. (9 APR - deg)
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