Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

LAVORO MINORILE,
FENOMENO SOMMERSO

LAVORO MINORILE, <BR> FENOMENO SOMMERSO

“Usano la scusa che sei piccolo, che devi imparare. Le troppe ore comunque sono stancanti e il corpo a volte non ce la fa”, racconta M., di Scalea. In occasione della Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile, che ricorre domani, Save the Children  rilancia l’allarme su un fenomeno di lavoro precoce che in Italia si stima abbia riguardato, in modalità diverse, 336 mila minorenni tra i 7 e i 15 anni. La stima è frutto di una rilevazione nazionale condotta dall’associazione nel 2023, dalla quale è emerso anche che circa 58mila minorenni tra i 14-15 anni sono stati coinvolti in attività lavorative dannose per i percorsi scolastici e per il benessere psicofisico. I dati raccolti nel 2023 hanno trovato una ulteriore conferma nella recentissima ricerca che l’organizzazione ha dedicato al tema della povertà minorile e delle aspirazioni degli adolescenti. La ricerca, dal titolo “Domani (Im)possibili”, effettuata intervistando un campione rappresentativo di giovani tra i 15 e i 16 anni rileva che il 43,7% degli adolescenti tra i 15 e i 16 anni aiuta in vario modo la famiglia ad affrontare le spese e, tra questi, il 18,6% ha svolto e svolge qualche attività lavorativa per non gravare sulla famiglia in difficoltà (uno su due ha meno di 16 anni). Tornando alla ricerca sul lavoro minorile condotta nel 2023 da Save the Children in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio, dalle testimonianze raccolte emergono le prospettive e i vissuti personali di giovani con esperienza diretta di lavoro minorile. “Non è giusto perché ogni bambino o ragazzo deve fare la sua vita”, racconta M., 14 anni, di Torino, mentre M., 17 anni, di Scalea, rivolgendosi a un ragazzo più giovane intenzionato a seguire il suo percorso lavorativo, suggerisce: “Se sei ancora piccolo e hai ancora un’età dove devi essere spensierato, non avere fretta”. Le testimonianze sono state raccolte da un gruppo di 25 adolescenti tra i 15 e i 21 anni individuati nell’ambito dei progetti promossi da Save the Children e da altre organizzazioni e realizzate con la metodologia della “ricerca tra pari” (peer research) a Palermo, Scalea, Roma e Torino, tramite interviste singole o di gruppo e video reportage che hanno consentito di raccogliere 40 storie che restituiscono la grande eterogeneità delle situazioni legate al fenomeno. Molti i racconti che parlano di minorenni che combinano la frequenza scolastica con l’attività lavorativa, una scelta motivata in alcuni casi da una necessità economica, in altri dalla concezione del “lavoro come valore” che integra il percorso educativo.

Secondo le stime del rapporto nazionale diffuso dall’Organizzazione sul tema del lavoro minorile, “Non è un gioco”, quasi 1 minore su 15 tra i 7 e i 15 anni, il 6,8% della popolazione totale in questa fascia d’età, svolge o ha svolto una attività lavorativa, una proporzione che sale a 1 minore su 5 se si considerano solo i 14-15enni. Tra questi ultimi, il 27,8% dei casi (circa 58mila adolescenti) riguarda lavori particolarmente dannosi per l’impatto sui percorsi educativi e il benessere psicofisico degli adolescenti coinvolti, essendo svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico, oppure in orari notturni o comunque percepiti da loro stessi come pericolosi. I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile nel nostro Paese sono quelli più tradizionali come la ristorazione (25,9%) e la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%), ma non mancano le nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. Sebbene il 70,1% dei 14-15enni che lavorano o hanno lavorato, lo abbiano fatto in periodi di vacanza o in giorni festivi, il lavoro è faticoso da un punto di vista della frequenza e dell’intensità: quando lavorano, più della metà dei 14-15enni lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana, circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno. Il mercato dello sfruttamento lavorativo può essere ancora più duro con i minorenni in condizione di maggior bisogno, come nel caso di T., un minore straniero non accompagnato arrivato dalla Tunisia: “Non volevo chiedere soldi per strada, quindi ero costretto a lavorare per avere i soldi necessari. Tagliavo verdure per i panini kebab, lavavo i piatti. Ho iniziato a frequentare la scuola per ottenere il certificato A2, ma a lavoro mi hanno detto che non potevo andare a scuola. Mi hanno detto che se tornavo un’altra volta a scuola, non potevo lavorare con loro. Con gli educatori poi ho capito era meglio lasciare e fare un corso di formazione”.

 (11 giu - red)

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