di Paolo Pagliaro
A Napoli la camorra gestiva una banca on line con 6 mila clienti sparsi tra Lazio e Lombardia, e con sedi distaccate in Lettonia e Lituania. Serviva a riciclare il denaro ricavato con il narcotraffico e altre attività criminali. Il riciclaggio accertato ammontava a più di tre miliardi e mezzo di euro, di cui un paio sequestrati. Ne ha riferito stamane il procuratore Nicola Gratteri, il quale dice di aver trovato in quella banca tecnologie molto sofisticate che solo le polizie più evolute possono permettersi, anche per il costo siderale dei software.
L’occasione per parlarne è stato il rapporto della Fondazione Magna Grecia sulle mafie nel cyberspazio, presentato in aprile alle Nazioni Unite e oggi a Montecitorio, con il patrocinio della commissione parlamentare antimafia. E’ la fotografia di una guerrra globale tra guardie e ladri che si combatte nel silenzio del dark web, l’internet sommerso, e il cui esito è decisivo per la sopravvivenza dell’economia digitale. Se prima andavano alla ricerca di avvocati, commercialisti, broker, notai, agenti immobiliari, oggi le mafie cercano ovunque ingegneri informatici, hacker, chimici in grado di progettare al computer nuove droghe sintetiche.
La risposta dello Stato è stata in passato all’altezza della sfida, come si spiega nel manuale di criminalistica “Investigare 5.0” curato da Annamaria Giannini e dal vice-capo della Polizia Vittorio Rizzi. Ma oggi - obietta Gratteri - le nostre forze dell'ordine , che un tempo, 'davano le carte' in tutti i più importanti tavoli internazionali, sono penalizzate dalla scarsità di risorse e dunque di personale. E d’altra parte non si capisce perché un ingegnere informatico dovrebbe scegliere di lavorare per la Guardia di Finanza a 1600 euro al mese.
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