Roma, 19 giu – “Credo che in questo periodo, dopo il ventennio unipolare e la distruzione di quello che era l’ordine liberale, scritto sì dai vincitori ma basato sulle regole, l’attacco economico della Cina e degli emergenti al potere statunitense e del dollaro abbia provocato una reazione che a me non sembra vincente, ovvero quella di arroccarsi e difendere il potere occidentale sulla base della sola supremazia militare”. Elena Basile, ex ambasciatrice e scrittrice, ha presentato alla Camera – su invito della deputata M5S Stefania Ascari - il libro "L'Occidente e il nemico permanente". Il volume, edito da PaperFirst con la prefazione di Luciano Canfora, illustra come i giochi strategici globali siano frutto di una visione patologica del mondo dell’Occidente che, braccato dal declino che esso stesso ha creato, porta avanti disegni imperialistici ed espansionistici, focalizzandosi sulla supremazia militare e relegando in un angolo diplomazia e mediazione: si allontana così l’idea di un Occidente sano, possibile protagonista del nuovo riformismo, e si alimenta il bisogno di un nemico permanente, che è ormai dato per scontato dai governanti occidentali. “Questo – continua l’autrice - spiega l’isolamento dell’Occidente alle Nazioni unite rispetto al resto del mondo: sarebbe stato diverso se l’Occidente avesse mantenuto la sua autorevolezza e avesse guidato una riforma del multilateralismo, sia a livello geopolitico (sulle Nazioni unite ma anche sull’Osce) che della governance economica, dalla Banca mondiale al Fondo monetario internazionale, dando spazio agli emergenti, cioè riconoscendo la situazione di fatto della crescita economica e di potenza dei Brics e di tutto il sud globale”. Un capitolo del libro è dedicato al racconto dei media: “Anche se alcuni dicono che ‘mettono mano alla pistola’ quando sentono parlare di media mainstream, credo che sia un dato di fatto che ci siano media dove è prevalente un certa narrativa e poi altri, presenti sul web, in cui è protagonista per esempio il politologo John Mearsheimer, professore dell’università di Chicago, ma anche Jeffrey Sachs e altri esperti che sono stati i miei punti di riferimento nella scrittura del libro: si tratta di una letteratura abbondante. Purtroppo, però – conclude l’ex ambasciatrice - domina un universo uniforme, grigio, in cui il linguaggio è stato impoverito, cancellando le sue sfumature e complessità e per questa via il nostro modo di pensare. Una narrativa che alimenta una propaganda diversa da quella che c’è sempre stata: la concentrazione dei media e della ricchezza fa sì che attraverso pubblicità e audience ci sia un’osmosi diretta tra media e spazio politico, e questo rischia di distruggere alcuni pilastri del liberalismo e della socialdemocrazia, basati naturalmente sulla libera espressione e sul dialogo”. (PO / Roc) ////
(© 9Colonne - citare la fonte)
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