Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

UN TRENTODOC,
5 CALICI DIVERSI

UN TRENTODOC, <BR> 5 CALICI DIVERSI

Palazzo Bortolazzi ha ospitato stamane l’ultimo dei tre “laboratorio tasting” dedicati al ruolo che può avere un calice nella degustazione di un Trentodoc. Un’esperienza concreta per mostrare quanto forma, spessore, sottigliezza dell’imboccatura, leggerezza del materiale, larghezza delle parti, altezza e direzione del bevente, trasparenza, possano fare la differenza nell’esaltazione degli aromi e del colore, nella risalita delle bollicine, nell’ingresso del liquido in bocca, nella temperatura percepita. La curiosa proposta, in collaborazione con Italesse, è stata condotta da Maurizio Dante Filippi, Miglior Sommelier d’Italia AIS 2016, nell’ambito della terza giornata del Trentodoc Festival. Non una degustazione classica ma una prova per winelovers curiosi, per conoscersi meglio e indagare la propria sensorialità. Difficile dire se ci sia un bicchiere perfetto per un determinato vino, ma piuttosto un giusto compromesso: l’incontro ha infatti fatto emergere quanto calici diversi possano offrire altrettante letture, che ognuno potrà preferire in base alle proprie aspettative, agli elementi che intende esaltare o all’occasione di consumo, alla situazione.

Sicuramente, spiega il sommelier, il calice rappresenta il vestito che noi diamo al vino per presentarsi all’ospite, quindi incide inevitabilmente sulla prima impressione dello stesso. Chi lo propone lo può selezionare in base alla tipologia di vitigno, ma anche alle modalità di vinificazione o ai tempi di affinamento. Seppur sia molto ricercata la leggerezza, oggi più facilmente ottenibile anche grazie a nuove tecnologie che consentono di realizzare soffiati anche a macchina e maggiormente resistenti, è importante avere qualcosa di toccabile, di gestibile, di concreto, che non sia in contrapposizione con l’utilizzo del prodotto ma promuova l’equilibrio tra liquido e suo contenitore.

Per mostrare in maniera immediata le differenze tra i cinque calici presentati, la prima degustazione è stata condotta in assaggi liberi con l’acqua, elemento neutro in grado di far concentrare l’esperienza sulle diverse modalità con cui il liquido entra in contatto con i recettori della bocca. Un ragionamento che si affianca a quello sullo sviluppo dei profumi, per molto tempo considerato l’unico elemento da considerare per la selezione di un calice. Interessante anche il cambio di percezione della temperatura generato dall’utilizzo di calici diversi.

Con queste consapevolezze, si è affrontata la degustazione di un grande vino, un Trentodoc Monfort Le Général Dallemagne Riserva Extra Brut, 80% Chardonnay e 20% Pinot Nero, annata 2017, con minimo di 60 mesi sui lieviti. Diverse le preferenze del pubblico presente nell’apprezzare il prodotto, a seconda della ricerca di acidità, freschezza, aromi, ma una conclusione che ha messo tutti d’accordo: il Trentodoc ha bisogno di spazio per esprimersi, non solo in larghezza ma anche affinché il liquido nel bicchiere possa far risalire adeguatamente le bolle e, dunque, i suoi profumi. Insomma, bandite le flȗte.

Trentodoc Festival è promosso dalla Provincia autonoma di Trento e organizzato da Istituto Trento Doc e Trentino Marketing, in collaborazione con Corriere della Sera.

(© 9Colonne - citare la fonte)