Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Ricordo di Mauro Rostagno
il rivoluzionario policromo

Ricordo di Mauro Rostagno <br> il rivoluzionario policromo

di Natale Salvo

Il 26 settembre 1988, Mauro Rostagno venne ucciso in contrada Lenzi, a Valderice (Trapani). Una sentenza stabilì che fu la mafia a decretarne la morte a causa della sua attività giornalistica, ma senza identificare con certezza gli esecutori materiali. Vincenzo Virga, capo della mafia trapanese, fu condannato per “deduzione logica”: nulla accadeva nel suo territorio senza il consenso mafioso. Dopo la sua morte, i giornalisti hanno usato la figura di Rostagno per rivendicare il loro impegno nell’informazione libera. Ma l’informazione libera, come verrà discusso, proprio a Trapani il 2 ottobre al Festival delle Libertà, è una chimera.
Mauro Rostagno non era solo un giornalista. Era un personaggio “policromo”, come lo descrive Salvatore Mugno nel suo libro “Mauro Rostagno Story. Un’esistenza policroma”. Rostagno fu tante cose: un hippy, un comunista, un anarchico, un rivoluzionario. Fu tra i protagonisti del Movimento Studentesco negli anni ’60, insieme a figure come Renato Curcio, fondatore delle Brigate Rosse. Agitava gli studenti, citava Marx a memoria e sfidava i professori con argomentazioni taglienti. Criticava la tecnocrazia e l’università, viste come strumenti per riprodurre le disuguaglianze della società dominante. Rostagno fu anche fondatore del movimento politico marxista Lotta Continua. Il loro omonimo giornale accusò il commissario di polizia Luigi Calabresi per la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, defenestrato dalla questura di Milano. Quelli erano gli anni in cui essere anarchico o comunista poteva costare la vita. Lo ricorda pure Dario Fo in “Morte accidentale di un anarchico”. A Palermo, per quattro anni, sempre con Lotta Continua, Rostagno continuò il suo impegno organizzando proteste per i diritti sociali. Fu lui a guidare l’occupazione della Cattedrale contro la carenza di acqua e di abitazioni popolari. Era un leader controverso, accusato dalle femministe del suo stesso movimento di essere un padre-padrone. Infine, Rostagno si ritirò a Valderice, dove fondò la comunità Saman, un luogo di meditazione e recupero per tossicodipendenti e persone in difficoltà.
Rostagno era un “pazzo”, come lo descriverebbe Erich Fromm, cioè diverso dai “normali”, dai conformisti. In quegli anni, i “normali” a Trapani erano quelli che, secondo quanto scrivono in “Ho mangiato le fragole” Giacomo Pilati, Salvatore Mugno, Luciano Mirone, vivevano una vita standard, fatta di lavoro, famiglia e apparenze. Un’esistenza prevedibile e mediocre, dominata dal clientelismo e dall’accumulo di beni. Mauro Rostagno, invece, incarnava l’eccezione, il dissidente, colui che non accettava di conformarsi alla mediocrità.

(da fronteampio.it)

(© 9Colonne - citare la fonte)