di Paolo Pagliaro
La lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi, disse un giorno il plurimiliardario Warren Buffett. E accaduto anche in Italia, anzi in Italia più che altrove come si evince dalla statistiche, ultime quelle dell’Inps . Siamo profondamente disuguali davanti al fisco. Disuguali nell’accesso alle cure, alla cultura, alla mobilità, alla comunicazione, all’istruzione. Siamo l’unico Paese Ocse in cui i salari reali sono inferiori a quelli del 1990 mentre in Germania sono aumentati del 33%, in Francia del 31 e in Lituania del 276%. I quaranta miliardari italiani più ricchi posseggono l’equivalente del 30% degli italiani più poveri. L’economista Thomas Piketty ha scritto che la situazione non è molto diversa da quella che in Francia portò alla Rivoluzione , ma da noi non accade niente. Sulle ragioni di questa rassegnazione sociale – che è poi il vero successo dell’upper class – indaga Riccardo Staglianò in una brillante inchiesta pubblicata da Einaudi con il titolo “Hanno vinto i ricchi”.
Peregrinando tra le roccaforti della ricchezzitudine esibita, da Cortina a Forte dei Marmi, e nelle ridotte urbane in cui vive in povertà un italiano su dieci, Staglianò si chiede come sia possibile che la sinistra sia silente di fronte al disastro. E perché, di contro, la destra possa impunemente aggravarlo affossando la ragionevolissima proposta di introdurre un salario minimo che, come il reddito di cittadinanza, senz’altro non era la soluzione alle cause strutturali della nostra debolezza ma che certo avrebbe aiutato a ridurla.
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