Carmelo Miano, il siciliano di 24 anni arrestato per gli attacchi hacker al Ministero della Giustizia, ha confessato di aver violato i server, dichiarando la sua disponibilità a collaborare con gli investigatori di Napoli che stanno conducendo le indagini su di lui. Tuttavia, ha negato che le sue azioni abbiano causato danni ai sistemi informatici presi di mira. Le accuse nei suoi confronti includono l'accesso abusivo aggravato a strutture informatiche e la diffusione di malware e software dannosi, reati compiuti in concorso con altre persone.
Nel corso dell'interrogatorio con i magistrati, Miano ha ammesso di aver compiuto incursioni nei sistemi del Ministero della Giustizia, del Ministero dell'Interno, della Guardia di Finanza e della Tim, oltre ad aver consultato le email di vari magistrati tra Napoli, Roma, Gela e Brescia, inclusi quelli coinvolti nelle indagini su di lui. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, durante una caccia all'uomo durata quattro anni, mentre gli investigatori della polizia postale tentavano di catturarlo, Miano avrebbe cercato di sfuggire violando caselle di posta elettronica e piattaforme informatiche per anticipare le mosse degli inquirenti. Tuttavia, sarebbe stato tradito da una svista: avrebbe infatti effettuato un accesso non criptato a un sito pornografico, esponendo così la sua "identità" digitale. A quel punto, le telecamere nascoste dalla polizia nella sua abitazione avrebbero fornito le prove della sua attività.
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