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direttore Paolo Pagliaro

Piano Draghi
perché no

Piano Draghi <br> perché no

di Paolo Pagliaro

Il presidente degli Stati Uniti Eisenhower, che era stato un grande generale, nel suo famoso discorso di fine mandato dopo avere ricordato la necessità di un forte sistema di difesa aveva però messo in guardia dal pericolo che l’industria degli armamenti acquisisse un’influenza ingiustificata – economica, politica, persino spirituale – “in ogni cttà, ogni palazzo dei governi statali, ogni ufficio del governo federale”. Una minaccia – disse - da cui dobbiamo guardarci.
Sessant’anni dopo, i timori di Eisenhower si rivelano fondati e non solo negli Stati Uniti. Nel piano Draghi sulla competitività europea gli investimenti per la Difesa sono citati spesso – assieme al commercio e all’energia- come il volano dello sviluppo.
E poiché il piano Draghi sulla competitività europea è destinato a orientare la strategia di Ursula Von der Leyen e dell’Unione per i prossimi anni, è importante che venga finalmente discusso pubblicamente, come in Italia fanno oggi gli esperti interpellati dal Forum Disuaglianze Diversità. Il loro documento è molto critico. Si contesta a Draghi di aver scelto gli Stati Uniti come standard di riferimento, senza coglierne fragilità economica e sociale, recenti evoluzioni e forti incertezze sul futuro. Gli si contesta di aver aver diviso il mondo in amici e nemici, scartando l’ipotesi di una relazione strategica di pace e cooperazione con la Cina o di nuove relazioni con l’Africa e con il Sud del pianeta. Di aver sottovalutato la questione demografica e il ruolo delle migrazioni; di non aver capito che la forte crescita delle disuguaglianze e la crisi del welfare sono le fonti del risentimento sociale si cui soffiano nazionalisti e autocrati. Vedremo se e come Draghi si avvarrà del diritto di replica.

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