Roma, 6 nov - Il carcere come luogo in cui scontare una pena, certo, ma anche da cui riscattarsi e ripartire. Applicando le leggi già esistenti, come la Smuraglia, le direttive europee e le linee guida sociali e di governance dettate dal ranking Esg. E’ stato questo il focus della quarta “di una serie di tappe che abbiamo costruito in maniera trasversale con Giusy Versace, ma anche con Gianmarco Centinaio, con Marco Scurria, con il sottosegretario Ostellari. Per discutere di carceri non dal punto di vista emergenziale solo invocando più risorse, ma provando a capire cosa si può fare per alleviare la condizione dei detenuti”. Così Mariastella Gelmini, senatrice di Noi Moderati-Centro Popolare, promotrice dell’incontro di oggi in Senato. Un viaggio che parte dal carcere di Bollate “e che grazie alla collaborazione di alcune associazioni, alcune cooperative sociali, esponenti del terzo settore, ha portato a mettere al centro il tema della formazione e del lavoro”. Gelmini ricorda che “oggi il lavoro nelle carceri riguarda il 4% dei detenuti, quindi una percentuale residuale. Eppure vediamo che dove i direttori delle carceri sono sensibili a questo tema e provano ad ovviare a lungaggini burocratiche, difficoltà anche fisiche degli spazi, e si trovano le opportunità per far crescere una professionalità, una capacità che sia manuale o intellettiva, questo aiuta a dare speranza, a dare fiducia, ad immaginare un po' di futuro anche dopo l'uscita dal carcere”. Lo sforzo allora, secondo l’ex ministra, va rivolto “a costruire insieme una ricetta. delle soluzioni che aiutino ad abbattere dei muri e a costruire un'alleanza tra il terzo settore, il mondo dell'impresa, il mondo del lavoro. Credo che sia fondamentale per rendere, come ci chiede la Costituzione, la pena veramente rieducativa e non solo afflittiva”. Buone pratiche ed esempi funzionanti ci sono, in Italia, ma spesso troppo a macchia di leopardo: “Credo che sia una questione di volontà – spiega Gelmini _ A volte ci sono dei condizionamenti oggettivi che rendono difficile o impossibile realizzare formazione e lavoro in carcere, però in molti casi si tratta di avere il coraggio di intraprendere un nuovo percorso, di superare delle barriere burocratiche, di coinvolgere le figure esterne e anche di utilizzare le risorse perché, per esempio, nel caso della legge Smuraglia le risorse ci sono. Però spesso non vengono utilizzate”. Per questo ad esempio “la professoressa Severino (la ex ministra della Giustizia, ndr) suggeriva di fare un richiamo molto forte anche alla valutazione di impatto, e quindi mettere a punto delle buone pratiche partendo dai casi concreti, non dall'ideologia. E provare a diffondere le pratiche che funzionano, a diffondere le partnership che hanno dato dei risultati”.
(PO / Sis)
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