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Ricerca, Bernini: un modello Italiano per la sicurezza dei dati

Roma, 7 nov - “Non esistono Paesi buoni e Paesi cattivi, esistono buone e cattive pratiche. Questo percorso inizia da lontano, da prima di questo governo: già esisteva una normativa legata alla cybersicurezza, non sono da due anni a questa parte comparse vicende particolarmente inquietanti che abbiano accelerato questo percorso che però deve essere accelerato nell'interesse generale. C’è bisogno di sicurezza nella ricerca perché il mondo ce lo chiede e noi siamo tra i più grandi produttori di idee. Quindi le nostre idee devono essere tutelate. Le idee che si sviluppano nel mondo devono avere una proprietà intellettuale, devono avere una tutela particolare. Il nostro paese e fortemente coinvolto in questo. Quindi la genesi è internazionale e quindi europea e quindi nazionale”. Così il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi in cui è stato presentato un piano d’azione nazionale per tutelare l’università e la ricerca italiane dalle ingerenze straniere. Il ministero, ha ricordato Bernini, ha sottoposto ai ricercatori e alle università italiane un questionario, “che ha avuto l’80% di risposte, su base volontaria, una forma di auto-assessment per creare delle condizioni e dare la cassetta degli attrezzi a università, enti di ricerca, ricercatori e scienziati, per creare un contesto di sicurezza intorno a loro e soprattutto alle loro invenzioni. E l'80% di loro ha detto che desidera essere assistito in una autovalutazione sui rischi della ricerca”. Per questo motivo, ha aggiunto Bernini, “abbiamo organizzato due workshop a Roma e a Genova, per un lavoro su regole comuni, in coordinamento con il G7”. Il questionario citato da Bernini, nello specifico, esplora la percezione dei rischi e le misure di sicurezza della ricerca in università ed enti di ricerca: i risultati mostrano che l'attenzione alla sicurezza è cresciuta, ma la presenza di strutture programmatiche è limitata, specie tra le università. Esistono lacune in formazione, cybersicurezza, e protocolli di sicurezza per i viaggi internazionali e il controllo delle esportazioni e i rispondenti richiedono linee guida nazionali aggiornate, analisi di rischio, e formazione continua, suggerendo la necessità di un sistema di sicurezza nazionale e di riferimento per la sicurezza della ricerca”.

(PO / Sis)

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