Gagosian ha annunciato “Moving Picture (946-3) Kyoto Version” (2019–24), un’installazione immersiva, sonora e visiva di Gerhard Richter che sarà protagonista dell’intero spazio espositivo della sede romana dal 6 dicembre al 1° febbraio 2025. Si tratta della prima presentazione in una galleria di “Moving Picture (946-3) Kyoto Version” e della prima mostra dell’artista in una galleria italiana dal 1983. “Moving Picture (946-3) Kyoto Version” costituisce l’apoteosi immersiva ed esperienziale del progetto “Strip”, al quale Richter ha iniziato a lavorare nel 2010, in seguito alla scoperta di strumenti digitali per analizzare dipinti già esistenti alla ricerca di nuove strategie artistiche. La serie “Strip” ha avuto inizio quando l’artista ha cominciato a frammentare digitalmente l’immagine fotografica di una tela in porzioni sempre più piccole, poi raddoppiate o specchiate su superfici particolarmente estese. Questo processo ha aperto un mondo di nuove possibilità, dando origine agli Strip paintings (2011-16), così come a libri, stampe, arazzi e alla STRIP-TOWER (2023), una scultura monumentale attualmente esposta presso la Serpentine di Londra. “Moving Picture (946-3) Kyoto Version” consiste in un film, realizzato in collaborazione con Corinna Belz, proiettato in scala monumentale su 22 metri di larghezza, accompagnato da una partitura per tromba composta da Rebecca Saunders ed eseguita da Marco Blaauw. Sei amplificatori circondano lo spettatore, conferendo alla musica una presenza fisica e un imponente impatto. In precedenza, le sperimentazioni di Richter nel combinare immagine e suono in esperienze immersive hanno portato a opere temporanee come al Manchester International Festival (nel 2015, con Arvo Part) e al The Shed di New York (nel 2019, con Part e Steve Reich). Nel corso della sua celeberrima carriera, Richter ha continuamente rivitalizzato la pratica pittorica attraverso l’esplorazione analitica delle potenzialità della fotografia, della casualità e dei processi sistematici: tutti elementi che trovano la loro massima espressione in “Moving Picture”. Negli Anni ’60 ha utilizzato fotografie tratte da riviste e giornali come immagini di riferimento per le sue opere, mentre negli Anni ’70 ha fotografato i suoi stessi dipinti, ingrandendo notevolmente piccoli dettagli delle pennellate. Da tempo, Richter ha trovato possibilità generative nelle disposizioni casuali delle griglie di colore, prima con i suoi dipinti Color Chart degli Anni ’60, e successivamente, con 4900 Colors (2007) e poi con Cologne Cathedral Window (2007). Proprio come quest’ultimo progetto, “Moving Picture” è un’opera fatta di luce, che sottolinea l’infinita bellezza del caso. Gerhard Richter è nato a Dresda, Germania, nel 1932, e attualmente vive e lavora a Colonia. Le sue opere sono presenti in diverse collezioni museali in tutto il mondo. Le principali esposizioni personali includono: Forty Years of Painting, Museum of Modern Art, New York (2002, poi all’Art Institute of Chicago; San Francisco Museum of Modern Art e Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington, DC); Portraits, National Portrait Gallery, Londra (2009); Panorama, Tate Modern, Londra (2011–12, poi alla Neue Nationalgalerie, Berlino e Centre Pompidou, Parigi); ATLAS, Kunsthalle im Lipsiusbau, Dresda, Germania (2012); Drawings and Watercolors 1957–2008, Musée du Louvre, Parigi (2012); Streifen & Glas, Galerie Neue Meister, Albertinum, Staatliche Kunstsammlungen Dresda, Germania (2013–14, poi al Kunst Museum Winterthur, Svizzera); Fondation Beyeler, Riehen/Basilea (2014); Birkenau, Museum Frieder Burda, Baden-Baden, Germania (2016); New Paintings, Museum Ludwig, Colonia, Germania (2017); National Gallery, Praga (2017); The Life of Images, Queensland Art Gallery | Gallery of Modern Art, Brisbane, Australia (2017–18); Over Schilderen, Stedelijk Museum voor Actuele Kunst, Gand, Belgio (2017); Abstraktion, Museum Barberini, Potsdam, Germania (2018); Seascapes, Guggenheim Bilbao, Spagna (2019); Painting After All, Metropolitan Museum of Art, New York (2020) 00 Selbstbildnisse, Kunst Museum Winterthur, Svizzera (2020); National Museum of Modern Art, Tokyo (2022); 100 Works for Berlin, Neue Nationalgalerie, Berlino (2023–26); e Hidden Gems. Works from Rhenish Private Collections, Kunstpalast Düsseldorf, Germania (2024–25). (gci)
TRA ARTE E DOPPI A ROMA CON “ALIGHIERO E BOETTI. RADDOPPIARE DIMEZZANDO”
Dallo scorso 30 ottobre fino al 15 febbraio 2025, l’Accademia Nazionale di San Luca di Roma presenta la mostra “Alighiero e Boetti. Raddoppiare dimezzando”, dedicata a uno degli artisti più visionari e influenti del XX secolo, curata da Marco Tirelli e concepita insieme a Caterina Boetti, presidente della Fondazione Alighiero e Boetti. L’esposizione, infatti, è realizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e in collaborazione con la Fondazione Alighiero e Boetti. Per il trentennale della scomparsa di Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994), nel Salone d’Onore, nella Sala bianca e nel porticato borrominiano di Palazzo Carpegna, verrà esposto un nucleo selezionato di opere intorno ai temi del doppio e della proliferazione dall’uno al molteplice, propri della ricerca dell’artista. La mostra propone un percorso inusuale del suo lavoro, nei suoi aspetti più rigorosi e concettuali nonché immaginifici. Come sottolinea Marco Tirelli: “Un artista come Alighiero ha fondato una nuova e inaudita idea del classico, in cui il rigore, la norma, i modelli e le regole fossero sempre instabili, autogeneranti e proliferanti, sia pure nella loro fissità di oggetti immobili. Nessuna opera di Alighiero si esaurisce in sé stessa, nel suo corpo fisico o nella data in cui è stata realizzata, ma apre sempre a nuovo senso, ad altro da sé. Le sue opere sono proteiformi, si trasformano sotto il nostro sguardo. Inquietano e rassicurano allo stesso tempo”. Il Salone d’Onore, riconfigurato per l’occasione da un’importante struttura allestitiva, ospiterà l’Opera postale (De bouche à oreille), lavoro di dimensioni colossali, creato nel 1992-93, un anno prima della morte dell’artista. Esposta raramente, l’opera costituisce una summa del suo lavoro precedente che “rimette al mondo” i passaggi più alti della sua ricerca. Realizzata con la collaborazione delle Poste francesi, de Le Magasin – Centre National d’Art Contemporain di Grenoble e del Musée de la Poste, la composizione si articola in 11 serie, ognuna delle quali formata da due elementi: le buste e i disegni (506 buste affrancate e timbrate e 506 disegni a tecnica mista). Nella Sala bianca (di fronte al Salone d’Onore) saranno presentati i famosissimi Gemelli (1968), fotomontaggio fotografico eseguito da Mario Ponsetti su indicazione dell’artista; Storia naturale della moltiplicazione (1974-1975), un grande polittico formato da 11 carte quadrettate; Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969 (1992), installazione in cui l’artista si autorappresenta insieme a una farfalla cavolaia, allusione all’Io che supera il limite corporeo. Nel porticato borrominiano il visitatore sarà accolto dal bronzo Autoritratto (1993), un’opera che ben esemplifica il processo di trasmutazione della materia in spirito, pensiero, immaginazione. Accompagna la mostra un catalogo, in coedizione con Electa, con le introduzioni istituzionali del Presidente dell’Accademia Marco Tirelli e del Segretario Generale Claudio Strinati. A seguire il saggio del curatore Marco Tirelli e i testi critici di Laura Cherubini, Angela Vettese e del matematico Paolo Zellini, oltre ai contributi di Agata e Caterina Boetti e Gian Enzo Sperone e a un’intervista ad Adelina von Furstenberg di Mario Finazzi. Nel catalogo verranno inoltre presentate le installation view degli spazi che l’Accademia ha realizzato appositamente per la mostra. Infine, il 18 dicembre l’Accademia, in collaborazione con l’Istituto Centrale per la Grafica, organizzerà un convegno internazionale sull’attualità della figura di Alighiero Boetti. (gci)
A RICCIONE GLI SCATTI DI JACQUES HENRI LARTIGUE E ANDRÉ KERTÉSZ
A Riccione due maestri della fotografia moderna: “Jacques Henri Lartigue e André Kertész. Maestri della fotografia moderna” è la nuova inedita mostra che dal 23 novembre sino al 6 aprile 2025 si potrà visitare negli spazi di Villa Mussolini, curata da Marion Perceval e Matthieu Rivallin, promossa dal Comune di Riccione e organizzata da Civita Mostre e Musei in collaborazione con diChroma photography e Rjma Progetti Culturali. La mostra, per la prima volta in Italia, rappresenta un’occasione unica per immergersi nel mondo di questi due artisti che, pur seguendo percorsi personali distinti, hanno catturato l’intensità e la poesia della vita quotidiana. Un viaggio di oltre 100 scatti inediti e iconici, che mette a confronto, e in parallelo, le opere di Lartigue e Kertész, due autori straordinari, ciascuno a suo modo fondamentale per l’evoluzione della fotografia moderna. Per John Szarkowski, il grande direttore del Dipartimento di Fotografia del MOMA di New York, Lartigue è “il precursore di ogni creazione interessante e viva realizzata nel corso del XX secolo”. Henry Cartier Bresson considerava invece Kertész il suo maestro: “Qualsiasi cosa noi facciamo, Kertész l’ha fatta prima”. (gci)
A MILANO IL DECIMO APPUNTAMENTO DI “IN PRATICA” CON ROBERTO DE PINTO
Lo scorso 9 novembre la Fondazione Giuseppe Iannaccone di Milano ha inaugurato “Io che ti guardo nascosto e commosso”, il decimo appuntamento del progetto IN PRATICA che vede protagonista il giovane artista Roberto de Pinto (Terlizzi, 1996) in una mostra a cura di Daniele Fenaroli, visitabile fino al 14 febbraio 2025. Dopo Davide Monaldi, Luca De Leva, Andrea Romano, Beatrice Marchi, un collettivo di dieci giovani artisti albanesi in collaborazione con ART HOUSE di Adrian, Melisa e Zef Paci, Cleo Fariselli, Chiara Di Luca insieme ad Aronne Pleuteri e Pietro Moretti, il progetto IN PRATICA torna a offrire lo spazio dello Studio Legale Iannaccone e Associati a un giovane artista emergente, coinvolgendolo in un processo simile alla “pratica” che svolgono gli avvocati all’inizio del loro percorso, dandogli la possibilità di confrontarsi con opere di artisti internazionali già consacrati e parte della Collezione. Il progetto conferma la vocazione della Fondazione al sostegno dei giovani artisti e alla promozione della cultura contemporanea. Autore e modello allo stesso tempo, Roberto de Pinto scopre se stesso, i dettagli del suo corpo, le sue sensazioni e i suoi desideri attraverso la riproduzione di un personaggio che gli somiglia, come il protagonista di un romanzo di formazione che a poco a poco diventa consapevole di sé. Con un’azione pittorica ambigua e carica di erotismo, l’artista genera un soggetto e un oggetto, osservando di nascosto e con grande commozione la propria individualità. Questo suo sguardo non dichiarato rivela l’artista che, anche se celato, resta sempre presente lasciando tracce. Le opere di de Pinto dialogano con i lavori moderni e contemporanei della Collezione Giuseppe Iannaccone, che l’artista ha scelto in continuità tematica ed emotiva con i suoi soggetti: Il Suonatore di flauto di Filippo de Pisis (1940), in cui l’artista ritrae un uomo all’interno del suo studio, un modello e un amante, un corpo sul quale il pittore ha proiettato desideri e passioni; Beasley Street di Nicole Eisenman (2007), in cui l’archetipo del pittore guarda di nascosto verso una piazza simbolo del caleidoscopio umano, come se non trovasse nel suo studio e nella modella che ha di fronte la giusta ispirazione; infine, Reclining nude di Dana Schutz (2022), in cui l’ultimo uomo rimasto su un’isola deserta è tenuto prigioniero dall’artista, prigioniera a sua volta dell’incapacità di trattenere il proprio istinto a ritrarlo. (gci)
PROROGATA AL 12 GENNAIO 2025 “DINO IGNANI. 80’S DARK ROME”
Un’esposizione per scoprire le discoteche di Roma, tra moda, musica, street culture, clubbing, poesia e identità di genere: è stata prorogata fino al 12 gennaio 2025 la mostra “Dino Ignani. 80’s Dark Rome”, ospitata nelle sale del Museo di Roma in Trastevere, a cura di Matteo Di Castro, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Servizi museali Zètema Progetto Cultura. La mostra, inizialmente programmata fino al 10 novembre, si basa sul ciclo di ritratti, denominato Dark Portraits, che Ignani ha dedicato ai giovani che animavano la vita notturna romana degli anni ‘80, in particolare i luoghi e gli eventi legati alla scena dark. Pochi anni dopo l’esplosione del punk, in Italia viene chiamata dark una cultura di strada non riconducibile a un’unica tendenza musicale ma identificata soprattutto dal proprio look, in cui il colore nero assume un’inedita valenza simbolica. È proprio agli inizi del decennio che il termine look entra nel nostro linguaggio per indicare qualcosa che va ben al di là del modo di vestire: l’attitudine a vivere l’aspetto esteriore come un progetto vero e proprio, in cui, oltre all’abbigliamento, entrano in gioco gli accessori, l’acconciatura, il make-up. Ignani segue e documenta questo fenomeno puntando sul classico ritratto in posa. Nei videobar, nelle storiche e nuove discoteche della capitale, invita i presenti a farsi ritrarre approntando un set ad hoc, come fosse in studio. Il risultato è un archivio di circa cinquecento immagini, per lo più in bianco e nero, che pur evocando a volte il linguaggio della fotografia di moda, nascono come un progetto personale, rigoroso quanto giocoso. Di queste, una selezione di duecento fotografie del ciclo Dark Portraits è risultata tra i vincitori del bando PAC 2022-2023 - Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, entrando così a far parte delle collezioni permanenti della Sovrintendenza Capitolina di Roma Capitale. (gci)
NELLA FOTO. Gerhard Richter, Moving Picture (946-3) Kyoto Version, 2019–24 (fermo immagine), proiezione digitale (colore, suono, 36 min.), © Gerhard Richter 2024 (28102024)
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