Per la prima volta Palazzo Blu di Pisa ospita una grande mostra dedicata al maestro giapponese “HOKUSAI”, dallo scorso 24 ottobre fino al 23 febbraio 2025, prodotta e organizzata da Fondazione Palazzo Blu e MondoMostre, con il contributo di Fondazione Pisa, a cura di Rossella Menegazzo, docente ed esperta di Storia dell’arte dell’Asia orientale all’Università degli Studi di Milano. Attraverso oltre 200 opere provenienti dal Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova e dal Museo d’Arte Orientale di Venezia, oltre che da collezioni private italiane e giapponesi, la mostra mette in evidenza l’eclettismo del massimo maestro del filone artistico ukiyoe, letteralmente tradotto “immagini del Mondo Fluttuante”, che ha segnato l’apice dello sviluppo dell’arte di epoca Edo (1603 – 1868) in Giappone, e la ricchezza del suo lascito evidente nelle opere dei tanti allievi che hanno continuato il suo stile, ma anche nella indiscutibile influenza che ha esercitato sull’arte europea di fine Ottocento e che continua ad avere su tanti artisti contemporanei che a lui si ispirano. Il progetto espositivo valorizza le due più grandi collezioni italiane d’arte giapponese evidenziandone la qualità artistica e il valore storico, sociale e culturale. Un patrimonio che dobbiamo a Edoardo Chiossone ed Enrico di Borbone Conte di Bardi, che con la loro profonda conoscenza del Giappone e l’appassionata opera di raccolta dei materiali hanno dato vita a collezioni di alto valore, arrivate fino a noi oggi. Partendo dalla produzione realizzata per il grande mercato in singoli fogli a stampa, con matrice di legno e in policromia, in serie ed edizioni diverse, la mostra evidenzia la varietà di formati e contenuti con una sezione dedicata ai volumi illustrati, manga e manuali pensati per insegnare a disegnare o da leggere e osservare per diletto, fino a rappresentare la produzione a stampa riservata a una committenza più colta e raffinata (surimono) fatta di biglietti augurali, d’invito, pubblicitari di eventi, ristoranti, incontri letterari, prodotti e l’opera dipinta a mano dal maestro e dai suoi allievi su rotoli verticali che esemplifica la massima libertà dell’espressione artistica. Accanto alle opere del maestro sono presentate dunque anche le opere in silografia e pittoriche dei suoi allievi più vicini, tra cui Hokkei, Gakutei, Hokuba, Ryuryukyo, nonché della figlia Oi che accompagnò Hokusai fino alla fine della sua carriera, lavorando al suo fianco e raccogliendo il suo lascito artistico secondo il proprio stile. La mostra inizia con la produzione più celebre e prolifica di Hokusai, le stampe di vedute di luoghi celebri (meisho) destinate al vasto mercato: templi e architetture, ponti e cascate, oltre a libri illustrati (ehon) che documentano le prime vie di collegamento interne del Giappone come il Tokaido e i luoghi iconici della capitale amministrativa shogunale di Edo. Una produzione che sfocia nella serie delle famose Trentasei vedute del monte Fuji (1830-32) a cui è dedicata la seconda sezione a cui sono affiancati i tre volumi dedicati alle Cento vedute del monte Fuji (1834-35, 1840 circa) e un album di epoca Meiji mai esposto prima d’ora che riprende il lavoro sulle trentasei vedute di Hokusai. La sezione successiva presenta la produzione di volumi illustrati, in particolare la serie di 15 volumi di Manga intesi come manuali di disegno per pittori professionisti e amatori, insieme ad altri libri illustrati e manuali che condensano tutti i personaggi e gli elementi che si ritrovano poi compiuti nelle stampe policrome di Hokusai. Da queste opere i pittori europei dell’Ottocento hanno tratto a piene mani per ricreare pose e soggetti per le loro pitture. Tra gli album di grande formato è esposto il famoso Pivieri sulle onde (Nami chidori), uno degli album più raffinati di Hokusai del genere erotico noto come shunga, “immagini di primavera”, che circolava di nascosto evitando la censura con sobrie copertine per offrire però immagini all’interno di incontri amorosi d’ogni genere, e che interessava tutti gli artisti che grazie a questa produzione sbarcavano il lunario. Da qui, la mostra prosegue con una selezione di opere pensate per un pubblico più colto, dunque meno vendibile rispetto a paesaggi e beltà femminili, poiché è legata a temi e personaggi letterari e poetici. In particolare, vengono presentati esempi da due serie: Specchio dei poeti giapponesi e cinesi dedicata ai cento grandi poeti classici, e Cento poesie per cento poeti in Racconti illustrati della balia, che mostra una scelta coloristica nuova ispirata ai versi della raccolta poetica, che fu l'ultima serie progettata da Hokusai prima di dedicarsi principalmente alla pittura. Il cuore della mostra è rappresentato da una grande sezione dedicata a una produzione artistica esclusiva e poco conosciuta dal pubblico: i surimono, biglietti e inviti di massima raffinatezza tecnica, concepiti per una committenza colta ed elitaria. Questa sezione include opere rare conservate in centinaia di esemplari presso il Museo Chiossone, mai esposte prima d'ora in modo compatto. Questa ampia serie di surimono riveste un ruolo centrale nell'ambito dell'esposizione, in quanto permette di confrontare lo stile di Hokusai con quello dei suoi allievi, evidenziando l'originalità dei temi, delle tecniche e dei formati. I surimono sono biglietti augurali, d'invito e pubblicitari creati per eventi, ristoranti, incontri letterari, destinati a una clientela ristretta e pertanto prodotti in edizioni limitate, rendendoli rari nelle collezioni. Caratterizzati da illustrazioni di grande eleganza, arricchite da pigmenti d'argento e oro, o dalla stampa ricavata a secco, da varianti di colore, includono testi e poesie calligrafate che esplicitano il loro scopo. Il percorso storico si chiude infine con una selezione di rotoli dipinti a mano che rappresentano l'apice dell'abilità e dell'eccentricità di Hokusai nel tratto, oltre al suo spirito più profondo. In queste opere emergono chiaramente il suo pensiero religioso e scaramantico, con la presenza di animali leggendari e portafortuna come galli, draghi e tigri, oltre a immagini del sacro monte Fuji, a cui era devoto. Troviamo anche ritratti di poeti, divinità e belle donne, simboli di bellezza ed eleganza, tutti temi che i suoi allievi e la figlia hanno in seguito sviluppato. Per completare la visione di ciò che l'opera di Hokusai ha significato nel tempo, il percorso espositivo offre una selezione di opere dei più noti artisti contemporanei del pop giapponese come Yoshitomo Nara (1959-), famoso per le figure di bambine dai volti spaventosi e arrabbiati, che dedicò a Hokusai disegni e citazioni ironiche incorporandovi messaggi sociali e ambientali; il gruppo teamLab, fondato nel 2011 e rinomato per il museo d'arte digitale immersiva a Tokyo, che crea installazioni interattive e video che traggono ispirazione dalla natura, dai paesaggi e dalle stagioni tipiche dell'arte classica, il disegnatore Manabu Ikeda, che lavora in punta di penna realizzando disegni affollati di minuti particolari, tra cui l’opera Foretoken in cui ha ripreso la “Grande Onda” di Hokusai in una immagine apocalittica e un omaggio dell’artista italiano Simone Legno che sempre alla Grande Onda ha dedicato un’opera pittorica appositamente per la mostra. Un'esplorazione di quello che potrebbe essere definito "nuovo giapponismo", attraverso installazioni che utilizzano i nuovi linguaggi della tecnologia, dell’animazione, della grafica per apprezzare ancora di più l’assoluta contemporaneità del lavoro di Hokusai. (gci)
"LE PIANGENTI": A LODI L’ARTE DI MARCO DE SANCTIS
Platea - Palazzo Galeano a Lodi presenta dal 25 gennaio al 16 marzo 2025 “Le piangenti”, personale di Marco De Sanctis, che inaugura la nuova programmazione espositiva pensata per il 2025. La mostra si sviluppa come un duplice intervento che coinvolge la vetrina di Palazzo Galeano in Corso Umberto, dove è esposta una nuova produzione su carta dedicata alle nuvole e il cortile della Biblioteca Laudense in via Fanfulla 2 che ospita una scultura che, come evoca il titolo, è tratta dalla serie intitolata “Les Pleureuses”. Per festeggiare insieme alla comunità lodigiana la ripresa delle attività, in occasione dell’opening pubblico della mostra il 25 gennaio 2025, a partire dalle ore 20.00, Associazione Argine presenta “Cheung” performance musicale del sound artist American Ghost Bird. “Le Piangenti”, termine che declina l’intera serie al femminile anche se non identifica il genere esteriore dei soggetti, raffigurano calchi di frammenti di sculture classiche, modificati con l’innesto di elementi naturali all’altezza della fronte. Attraverso l’apposizione di ossidi e l’esposizione alla pioggia, questi inserimenti generano reazioni chimiche dando così corpo a delle colature che rievocano il pianto. Un pianto liberatorio che non rimanda alla debolezza quanto al lamento funebre, richiamando alla memoria le antiche figure delle prefiche che avevano un ruolo fondamentale nell’elaborazione collettiva del lutto, assumendo comportamenti codificati e rituali. La scultura “La Pleureuse (The Sweeper)” presentata presso il cortile della Biblioteca Laudense è il risultato della fusione in bronzo di un busto che riprende il modello classico del Laocoonte, sulla cui fronte sono state impiantate due grandi foglie d’agave. La pioggia, convogliata verso le orbite oculari, attraverso la reazione di ossidi metallici, ha generato delle lacrime verderame enfatizzando la carica espressiva dell’immagine. Anche le opere su carta sono soggette a una reazione chimica. Il nuovo lavoro dal titolo che occupa la vetrina è realizzato su di un supporto preparato con sali (nitrati, solfato di rame e sali minerari mescolati a polvere di bronzo e ossidi di rame) che, posti a contatto con la pioggia, creano delle forme risultate dalle colature. Come se l’artista avesse commissionato alle precipitazioni lodigiane il disegno delle nuvole. L'approccio plastico di Marco De Sanctis affronta contemporaneamente lo statuto dell'immagine, la nozione di tempo e l'atto della creazione. Il tempo è una nozione cruciale per comprendere il lavoro dell'artista e la sua ultima produzione. Diventa un concetto da rivedere che funziona come entità quantificabile necessaria per il processo creativo e per l'esperienza intima richiesta dalle opere. I medium sono plurali e interrogano tanto l'oggetto quanto l'ambiente che lo ospita, rendendo l'immagine/oggetto costruito non più aneddotico, ma essenziale per la comprensione dell'opera. Il messaggio non è mai politico, è semplicemente la testimonianza di un pensiero profondo, l'immagine visibile di una verità invisibile, uno spunto di riflessione per lo spettatore che si riappropria dell'atto di creazione perpetuandolo. La mostra si inserisce nell’ambito delle progettualità dedicate all’indagine sulla rinegoziazione dei concetti di natura e artificio e di natura e cultura, legandola al paesaggio lodigiano, i cui elementi naturali diventano co-autori del lavoro artistico. Una riflessione avviata nel 2022 con l’installazione di Alberonero, al secolo Luca Boffi, che ricreava una nebbia artificiale per comporre un paesaggio mutevole all’interno della vetrina, fino all’offuscamento totale dello sguardo. L’anno successivo, la scultura di Fabio Roncato utilizzava la forza della corrente dell’Adda per comporre una scultura, tramite lo sversamento di cera fusa nell’acqua, che cattura la potenza del fiume. Nel 2024, Mariateresa Sartori ha fatto ricorso al vento che soffia sulle rive dell’Adda per “scrivere” il suo lavoro. Marco De Sanctis utilizza invece le precipitazioni atmosferiche come matrice morfogenetica e alchemica per il suo lavoro. Un ulteriore passo nell’indagine che Platea - Palazzo Galeano sta svolgendo sull’interrelazione tra paesaggio, creazione artistica e specificità locale, in questo rientra anche la collaborazione con le più interessanti realtà sviluppatesi sul territorio come Associazione Argine che ha proposto “Cheung” di American Ghost Bird. La performance musicale esplora le potenzialità del suono e la sua profondità, celebrandolo con un set di composizione dal vivo all’interno di uno spazio estremamente suggestivo, come il cortile dello storico Palazzo dei Filippini, nel cuore di Lodi. Marco De Sanctis (1983, Milano) vive e lavora a Bruxelles. Le opere di De Sanctis sono state esposte in mostre personali e collettive a livello nazionale e internazionale in sedi quali “Sublimated”, Dauwens & Beernaert Gallery, L'Art de Rien, Centrale Brussels, La Chute, Eduardo Secci, Firenze (2022); Appocundria, Dauwens & Beernaert Gallery, Bruxelles (2020); Transalantico, Mana Contemporary, Jersey City USA (2019); Les Portes Royales, Art on Paper, Bozar, Bruxelles (2018); Crepusculo, Artissima, Art Fair, Torino (2018); Ossessione, Palazzo Monti, Brescia (2018); Monographie D'Artiste 10+7, Musée Mediatine, Bruxelles (2017); “a rebour” Dauwens & Beernaert Gallery (2017); Futuri Interiori, Fondazione Rivoli2, Milano (2016); “shoreline” Francis Carrette gallery (2015). De Sanctis è cresciuto nella pianura lodigiana, assorbendone le solitudini, le umide densità e la materialità terrigna. Si trasferisce a studiare a Bruxelles, dove rimane poi a vivere e a sviluppare il suo percorso artistico in una climatologia altrettanto umida e in un ambiente artistico fertile e multiculturale. Come si legge nella sua biografia, il suo dispositivo di pensiero si addensa intorno ai temi dello “statuto dell’immagine, la nozione di tempo e l’atto di creazione”. In un contesto che potremmo definire con Rosalind Krauss “postmediale”, produce i suoi lavori attraverso svariati medium che non sono mai preponderanti o specifici per la sua pratica artistica, che predilige invece l’unità di intenti nella produzione di “food for thoughts” per una riappropriazione dell’atto di creazione da parte dello spettatore; tema particolarmente caro al programma Platea - Palazzo Galeano. In un continuo movimento tra lo scultoreo, l’alchemico, la reazione chimica, la forza dell’energia primaria e l’appropriazione di immagini dalla storia dell’arte e dalla storia culturale, produce materialità visiva di parole su sfere di marmo, rotture gestuali di lastre di vetro Blu di Prussia, reazioni di ossidi metallici con precipitazioni atmosferiche, trasferimento su carta della forma di spade rituali tramite il fuoco, utilizzo di frammenti di sculture classiche o monumenti funebri con impiantati elementi naturali sulla fronte e lasciati reagire, attraverso l’apposizione di ossidi, sotto la pioggia. Argine, infine, è un’associazione di promozione sociale animata da professionisti provenienti del mondo delle arti, della cultura, dell’architettura e delle scienze sociali nata a Lodi nel 2023 con l’obiettivo di arricchire l’offerta culturale e sociale del territorio, supportando le iniziative del suo tessuto economico. (gci)
A FERMO I BAMBINI FOTOGRAFATI DA STEVE MCCURRY
Torna a Palazzo dei Priori di Fermo il nuovo appuntamento con “Il tempo delle mostre”, questa volta dedicato all’arte del celebre fotografo americano Steve McCurry. La mostra “Steve McCurry - Children”, ideata e curata di Biba Giacchetti, dallo scorso 20 dicembre al 4 maggio 2025, presenta un percorso emozionante sull’infanzia vista attraverso l’obiettivo di uno dei fotografi più amati al mondo. Con oltre 50 fotografie, il pubblico ha l’occasione di ammirare l'unica esposizione tematica interamente dedicata ai bambini, realizzata nell’arco di quasi cinquant’anni di carriera, guidato in un viaggio ideale attraverso India, Birmania, Pakistan, Tibet, Afghanistan, Libano, Etiopia e Cuba. Spiega Steve McCurry: “Ho avuto il grande privilegio di fotografare i bambini di tutto il mondo e ora che ho una figlia anch’io apprezzo ancora di più la loro energia, la loro curiosità, le loro potenzialità. Nonostante il contesto difficile in cui molti di loro nascono, i bimbi hanno la capacità di giocare, sorridere, ridere e condividere piccoli momenti di gioia. C’è sempre la speranza che un bambino possa crescere e cambiare il mondo”. La mostra è promossa dal Comune di Fermo con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, in collaborazione con Orion57, partner Mus-e del Fermano. L’organizzazione è affidata a Maggioli Cultura e Turismo. (redm)
A GENOVA ESPOSTA LA PLURALITA' DELLA VIDEOARTE
La mostra “L'arte è il messaggio”, curata da Virginia Monteverde, è una esposizione di videoarte che offre una pluralità di vedute e approcci, mediante l'opera di sette artisti che si distinguono non solo per le tecniche utilizzate, ma anche per i temi affrontati: Stefano Cagol, Elisabetta Di Sopra, Igor Imhoff, Eleonora Roaro, Jean Sadao, Paolo Treni, Koen Vanmechelen. La collaborazione tra MAIIIM LAB (Spazio Darsena di Art Commission) e MuMA (Museo Galata), le sedi di Genova che ospitano la mostra dallo scorso 20 dicembre al 2 marzo 2025, amplia ulteriormente le prospettive artistiche, unendo le forze per promuovere una rassegna che non solo celebra l'arte visiva, ma indaga anche le potenzialità comunicative del video come medium. In un'epoca in cui la comunicazione è pervasiva e fortemente influenzata dai mezzi digitali, l'impatto teorico di Marshall McLuhan è più evidente che mai. La sua affermazione che "il medium è il messaggio" riemerge in un contesto artistico dove le forme e i mezzi diventano parti integranti del messaggio stesso. Gli artisti invitati da Monteverde, ciascuno con un linguaggio distintivo, racchiudono nelle loro opere le dinamiche del nostro tempo e le sfide future, stimolando una riflessione critica su come consumiamo e interpretiamo l'arte. I loro lavori affrontano questioni attuali e urgenti, riaffermando l'importanza dell'arte come strumento di messaggio e riflessione. La mostra invita il pubblico a ripensare le modalità di comunicazione e interazione nella nostra epoca sempre più connessa. (redm)
BUILDING PRESENTA A MILANO "BIZHAN BASSIRI. CREAZIONE"
“Bizhan Bassiri. Creazione”, a cura di Bruno Corà, è la prima importante mostra personale dell’artista italo-persiano (Teheran, 1954) che BUILDING Gallery ospita nei suoi spazi a Milano dal 30 gennaio al 22 marzo 2025. L’esposizione, sviluppata su tre piani espositivi della galleria, trasporta il visitatore in una dimensione ancestrale e senza tempo, in cui le opere, che sembrano emergere da un universo magmatico, prendono forma di volta in volta in sculture e dipinti contraddistinti da specifici materiali e cromie. Dalla dominante rossa del piano terra, passando per il pigmento blu impiegato nelle opere del primo piano, fino a giungere all'oscurità nera del secondo piano, in cui - suggerisce l'artista - "Osservando nel buio, il buio Vedo”. Esordendo a Roma nel 1981, dopo aver compiuto gli studi presso l'Accademia di Belle Arti di quella città alla scuola di Toti Scialoja tra il 1976 e il 1980, Bassiri si è distinto tra i protagonisti della generazione che negli anni Ottanta ha sviluppato in Europa una propria Weltanschauung all'insegna di un “pensiero magmatico”, autentica esperienza pittorico-plastica idonea a coniugare fondamenti e proposizioni innovative dell'arte occidentale e orientale, costruendo un proprio lessico originale di ampia risonanza poetica. Con un solido percorso alle spalle, esito di eventi memorabili e importanti confronti con i maggiori artisti italiani e internazionali (Kounellis, Boetti, West, Chiari, Anselmo, Kirkeby, Kosuth, Castellani e altri), Bassiri con questa prima mostra personale a Milano evidenzia la maturità linguistica della sua arte, sempre tenuta entro i registri di forme enunciative di una spazio-temporalità che elude gli epifenomeni dell'attualità, orientandosi piuttosto verso dimensioni dove visione palingenetica, intuizione poetica e formalizzazione di un sistema iconografico basato su archetipi cosmologici e mitici assume il carattere di 'summa immaginaria'. In tale drammaturgia visiva, Bassiri esibisce le figure essenziali della sua poetica: l'incessante trasformazione della materia, da lui considerata 'tempesta' permanente; lo stupore della luce ricavata dall'opera e offerta come entità correlata allo sguardo individuale; l'ineludibile presenza testimone della cifra antropologica; il rischio serpentino dell'imprevisto; la sorte, invisibile ma attiva forza regolatrice e registro supremo dell'arte che perpetua la tensione vivente, assumendo forme senza tempo. Protesa in uno spazio-tempo indeterminabile, considerato eterno come l'esistenza, l'opera appare immagine autonoma destinata a mostrare l'enigmatico inarrestabile processo del pensiero magmatico, sorgente da cui scaturisce l'arte. La mostra “Bizhan Bassiri. Creazione” è dunque un paradigma di morfologie fondamentali dell'artista, caratterizzato da vere e proprie stazioni di opere dislocate negli ambienti di BUILDING Gallery, scanditi dalle dominanti cromatiche riferibili a uno spettro di colori distintivo della sua poetica. Diversi i cicli di opere presentati in mostra, tra cui: gli Specchi Solari (2024), superfici in acciaio attraversate da abrasioni fulminee come lampi, che negano la tradizionale funzione dello specchio come oggetto che riflette il mondo e rivelano, invece, la loro stessa natura come sorgente di luce; le Particelle della Tempesta (2024), dipinti materici simili a stratificazioni geologiche, che l'artista ottiene facendo macerare carta di quotidiani in vasche piene di acqua colorata con pigmenti naturali e l'aggiunta di colle; le Erme (2000-2024), che, mutuando la loro morfologia dall'erma classica antica, si compongono di una base metallica tronco-piramidale rovesciata su cui si innestano le masse informi delle teste di pietra lavica. Questa mostra, concepita in stretta relazione con l’architettura della galleria, è tra i progetti più significativi degli ultimi anni, concepita da Bassiri per presentare a Milano un episodio del suo lavoro, tenendo conto della significativa storia culturale e artistica avvenuta nella città. Le sue opere, presenti in musei e collezioni private internazionali, hanno rappresentato nel 2017 il Padiglione iraniano alla 57esima Esposizione Internazionale d'Arte Biennale di Venezia. (gci)
NELLA FOTO. La [grande] onda presso la costa di Kanagawa
(Kanagawa oki namiura), dalla serie “Trentasei
vedute del monte Fuji (Fugaku sanjurokkei)”
Katsushika Hokusai
1830-1831 circa
Silografia policroma ©Museo d'Arte Orientale Edoardo Chiossone Genova