Saba Poori, 24 anni, è uno dei volti in Italia di “donna vita libertà” e da quel 16 settembre 2022 danza nel nome di Mahsa Amini e di ogni donna iraniana. Sua madre, ballerina, ha dovuto smettere di esserlo quando il regime islamico, 44 anni fa, ha proibito la danza in pubblico. Ma ha continuato a danzare nella sua casa, diventando la maestra di sua figlia, da quando aveva 4 anni. Poi l’approdo, in segreto, a Milano, per studiare all’Accademia di danza contemporanea Beltrami. Tornata in patria viene lungamente interrogata e obbligata a firmare dei documenti in cui la si avvertiva che, se avesse continuato a fare la ballerina, non sarebbe più potuta tornare in patria. E Saba ha scelto la via dell’esilio. La sua storia è un documentario ad opera di Shayan Abbasian, “La danza di Saba” (nella foto), che sta producendo una casa di produzione italiana, dalla vocazione internazionale e peraltro una società benefit, nata per veicolare messaggi sociali legati a tematiche quali l’inclusione e l’ambiente e con un team tutto al femminile: la Blacklight Film Productions, fondata da Francesca van der Staay, già produttrice da un trentennio all’estero, in primis la Francia (tra l’altro ha partecipato alla produzione di “Ladro di cani” di Vinco Tomicic, intenso “coming of age” boliviano, presentato al Tribeca Film Festival). “Sono tornata proprio perché l’Italia mi è mancata in tutti questi anni - racconta nella sua videointervista del format “Ciak, Azione” della agenzia di stampa 9colonne - e grazie all’incontro con altre persone abbiamo fondato la nostra società che è una B corporation, con lo scopo appunto di creare beneficio nella società. Il nostro essere tutte donne è capitato naturalmente. Non l'ho neanche scelto. A dimostrazione che le cose sono molto diverse dal passato. Quando ho iniziato a lavorare nel mondo della produzione c’erano solo uomini, le donne potevano giusto occuparsi della segretaria, dell’amministrazione. Ora è giusto che sia il momento delle donne, che il loro punto di vista venga alla luce, di sentire più voci femminili, di dare più responsabilità alle giovani donne. Per questo cerco nelle mie equipe, anche tecniche per i film, di coinvolgere più donne possibili”. Ne è un esempio la produzione di un altro progetto ora in corso, “Pesce fuor d'acqua” della giovane regista Chiara De Angelis, ora al suo esordio in un lungometraggio dedicato ad una ragazza affetta da sindrome di Tourette “che parla quindi di handicap ma in modo molto leggero. Una storia di riscatto che non va nell’autocommiserazione” spiega la produttrice che, tra l’altro, è curatrice di due rassegne cinematografiche, le Mastercard Festival Selection, che si sono svolte a Cluj in Romania e a Madrid a novembre. Il programma prevede la programmazione di 10 film tra i più premiati e inediti, nelle città dove si svolgono, selezionati dalle line-up dei principali festival sponsorizzati da Mastercard (Berlino, Cannes, Venezia, Sarajevo, Transilvania e Thessaloniki) e la presentazione da parte di talents per celebrare insieme la passione per il cinema.
Altro tema di interesse per Blacklight film è l'animazione: “Stiamo lavorando ad un progetto sperimentale di Francesco Filippini, ‘La macchina di papà’, un viaggio onirico che si svolge a Napoli, portato della nostra junior producer Oriana Zippa, che ci ha sedotto perché ha un linguaggio molto innovativo e che vorremmo co-produrre con la Francia”. Francesca van der Staay mantiene infatti forti legami oltralpe: “Ci sono nuovi strumenti per il finanziamento di film in coproduzione che aiutano anche la circolazione delle opere. Peraltro la Francia è sempre stato un modello da imitare (e un po’ la legge Franceschini ha provato a copiarlo) perché crede molto nella sua industria cinematografica e nell'importanza di esportare la propria cultura nel mondo. Inoltre investe molto sulla formazione del pubblico, fin da bambini. Le mie figlie sono cresciute in Francia e già all’asilo seguivano corsi di sensibilità all'audiovisivo che abituano, fin da piccolissimi appunto, non solo a vedere film blockbuster ma anche cose diverse. E questo funziona perché, a Parigi, le sale cinematografiche non chiudono ed anzi vanno alla grande. Così si dovrebbe fare anche in Italia per creare un vero pubblico per i film e che vada in sala riconoscendo in questo una esperienza magica, in un certo senso sacra, collettiva e di condivisione. Impossibile da fare restando seduti su un divano….”. Tra suoi film preferiti, come da domanda di rito di “Ciak, azione!”, la produttrice infine presenta un terzetto di titoli che parla dell’umano a 360 gradi: “Jules e Jim di Truffaut, un film molto allegro ma anche molto innovativo per l’epoca su questa donna che non sa scegliere tra due uomini e decide di avere una relazione con tutti e due e tutti accettano… Poi Oci Ciornie. Lo scelgo perché è bellissimo ma anche per un motivo personale. Mio padre ha lavorato come organizzatore e ho seguito le riprese. E, solo 15enne, alla festa di chiusura, in una villa vicino a Roma, ballai un valzer con Marcello Mastroianni e fu un momento magico. Infine cito il recente ‘Emilia Perez’ di Jacques Audiard. La storia di un narcotrafficante che decide di diventare donna ed anche un musical, genere che adoro. Molto divertente ma anche sorprendente”. (13 gen - red)
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