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SANTONI: LA MIA DRAMEDY
TRA RABBIA E TENEREZZA

SANTONI: LA MIA DRAMEDY <BR> TRA RABBIA E TENEREZZA

Sessantacinque anni dividono il primo piano del volto di Jean-Pierre Léaud da quello di Francesco Lombardo. Due attori bambini in due film di esordio. Due storie di tenere età costrette a crescere tra rabbia e tenerezza accomunano “I 400 colpi” di Francois Truffaut, atto di nascita della nouvelle vague francese ed “Io e il Secco” di Gianluca Santoni, che più di un critico annovera appunto nella “nouvelle vague”, una nuova ondata creativa, dei registi italiani under 35. Quando al giovane regista marchigiano, classe 1991, gli si propone questo accostamento l’imbarazzo trapela evidente: “Troppo onore…”. Eppure diversi critici hanno usato la parola “gioiello” per questo suo primo film (premiato ad Alice nella Città nell’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma) rivelandosi una delle migliori commedie drammatiche del cinema nazionale degli ultimi anni, in grado di calibrare ironia e denuncia, ritmo narrativo ed sospensione estetica, tensione e levità. Fatto sta che la storia cruda eppure tenera di Denni – 10 anni, che assolda perché gli uccida il padre violentatore della madre quello che crede un killer, in realtà un innocuo balordo che mira a raccattare qualche soldo (Andrea Lattanzi, già apprezzato nella serie Netflix “Summertime” e nel recente “Grazie Ragazzi” di Riccardo Milani) - si distingue in una produzione cinematografica (e non solo) che fatica a rispecchiare il reale di questi tempi di crisi e smarrimento collettivo. Un registro che tuttavia, a giudizio di Santoni - come spiega nella videointervista di “Ciak, Azione!” a cura di Cesare De Simone (https://www.youtube.com/embed/SSP1BPDsJnc?si=ilKw_rgfasktmIMy)- si andrà sempre più rafforzando grazie proprio all’avvento di una generazione di giovani registi che stanno riuscendo ad esordire, “cosa che non succedeva tanti anni”, affermando “un cinema molto eterogeneo”, con storie diverse da quelle rassicuranti dei nuclei familiari borghesi, in cui irrompe e dirompe la complessità sfaccettata e la denuncia del reale. In questo seguendo la strada indicata da film come “Mio fratello è figlio unico” e “La nostra vita” di Daniele Luchetti che, spiega Santoni, “ho avuto la fortuna di avere come insegnante al Centro Sperimentale di Cinematografia”, scuola in cui riesce ad entrare poco più che ventenne presentando un documentario girato in dialetto nel paesino natale di Monte Urano, nel fermano e da cui esce con il corto di diploma “Gionatan con la g” del 2016, storia della periferia romana in cui compaiono i personaggi del suo “buddy movie” di oggi, soggetto premiato nel 2017 al Premio Solinas con la sceneggiatrice Michela Straniero: il giovane criminale di una periferia romana che, incontrando il dolore del bambino dalla madre maltrattata, trova il modo di specchiare la sua stessa vita di emarginato e riscattare il torto sociale subito, vedendo nel bambino il simbolo di una generazione vittima delle mancanze del mondo degli adulti. “Una storia che ho iniziato a scrivere un sacco di tempo fa ma la fatica più grande è stata probabilmente trovare una produzione che credesse in questa storia e ci abbiamo messo molto tempo. Abbiamo ricevuto un sacco di porte chiuse in faccia per una ragione o per l'altra. Magari c'è anche da dire che forse per qualche ragione che mi sfugge, magari i tempi non erano maturi. Poi sono stato molto fortunato di incontrare Nightswim che ha creduto in questo progetto che nel corso degli anni, scritto insieme a Michela Straniero, conosciuta al Centro sperimentale, è cresciuto con noi, nel senso che lo abbiamo scritto e riscritto più volte fino a che non è diventato un film che adesso mi somiglia moltissimo con il suo tono di dramedy, di commedia drammatica, che suona sempre un po’ strano, con un dramma che poi si alleggerisce grazie all'ironia. Questa è una cosa che mi piace molto… ”, “abbiamo pensato alle grandi commedie italiane di Monicelli ma anche al neorealismo e al modo in cui c'era l'ironia anche se raccontava delle storie durissime. Ci sono sempre dei momenti in cui si va in profondità nel dramma ma poi si riesce anche a vedere la parte leggera della vita di questi personaggi”.

  Un registro stilistico che ha permesso a Santoni di vincere nel 2021 il premio Rodolfo Sonego con “Non se po’ scappà”, altro gioiellino di dramma col sorriso, la storia di una amicizia e di giocate a carte tra quattro anziani di un paesino marchigiano, in pieno lockdown. La motivazione infatti recitava: “Per l’originalità della storia, il tratto e la cura dei personaggi e la capacità di saper piegare gli stereotipi tipici della commedia italiana a un contesto attuale e di adattare abilmente un fatto di cronaca alla narrativa”. E due anni la vittoria con "Indimenticabile" del premio come miglior cortometraggio al Greenwich Village Film Festival di New York. Riconoscimenti significativi per il giovane autore che hanno presto convinto Ines Vasiljević e Stefano Sardo di Nightswim - che puntano fortemente sui nuovi talenti (dal pugliese Paolo Strippoli alla campana Mara Fondacaro) - a produrre “Io e e Secco” insieme a Rai Cinema ed Antitalent, in associazione con Sajama Films, ottenendo il contributo del Mic. La pellicola, con il sostegno dell’Emilia-Romagna Film Commission, è stata girata sullo sfondo dei nebbiosi e sospesi scenari di Ravenna, Lugo e Cesenatico (ci sono anche le torri portuali ravennate di “Deserto Rosso” di Michelangelo Antonioni) che fanno da contraltare allo stralunato mondo di questa sorta di “fiaba” realistica (con la fotografia di Damjan Radovanović e le scenografie di Nicola Bruschi). Insieme ai protagonisti, un cast altrettanto intenso con Andrea Sartoretti, il Bufalo di Romanzo Criminale (il padre di Denni), Barbara Ronchi (la madre), Swamy Rotolo ed Alessandro Bernardini. “Quando si fa un film non bisogna avere paura di andare in profondità nella drammaticità delle cose e allo stesso tempo di essere così liberi da permettersi addirittura di far ridere perché l'ironia è qualcosa che fa parte dell'essere umano. E’ lo strumento di difesa numero uno che abbiamo. E anche a livello di linguaggio abbiamo cercato di approcciare questo film in maniera molto libera” spiega ancora Santoni. Un coraggio che sta appunto pagando in termine di consensi, considerando che c’è chi ha riconosciuto in “Io e il Secco”, distribuito da Europictures, un film con le potenzialità del “cult”. A dimostrarne lo spessore poi, oltre al citato premio ad “Alice nella Città” (la menzione speciale The Hollywood Reporter Roma “Uno sguardo sul Futuro” per i nuovi autori, assegnato da una giuria composta, tra gli altri, da Noemi e Michela Cescon), il fatto che sia stato scelto per aprire il Riviera Film Festival a Sestri Levante, unico film italiano in concorso e con una giuria in cui sedeva Susan Sarandon e che sia stato l’evento speciale di pre-apertura del Bellaria Film Festival. (redm – segue)

 

  Interrogato sui suoi film preferiti, nella domanda di rito di “Ciak, Azione!”, il regista fermano mette insieme un trittico di titoli che raccontano sempre la volontà di riscatto di figure ai margini della società, sognatori e malinconici: “La parte degli angeli” di Ken Loach, “Rosetta” dei fratelli di Jean-Pierre e Luc Dardenne (“che per me è stato importantissimo per capire un po’ il rapporto tra il cinema e la realtà”) ed il road movie “A proposito di Davis” (Inside Llewyn Davis”) dei fratelli Coen (“in cui c'è molto  country, un film bellissimo che ancora riguardo volentieri”). E la musica è, d’altronde, un elemento importante anche in “Io e il Secco” che vede il debutto nella colonna sonora di Davide Pavanello, in arte Dade, già bassista dei Linea 77: “E’ stato un grande privilegio aver collaborato con uno dei miti della mia adolescenza, i Linea 77 che amavo ed amo moltissimo” spiega Santoni, “è stata sua l'idea di coinvolgere i Santi Francesi per la cover di Sere Nere di Tiziano Ferro, duo che già amavo perché fanno dei pezzi fantastici… Penso che sia stata una scelta vincente perché la versione di Sete Nere che hanno fatto è veramente incredibile e si può sentire per ora solo nel nostro film perché per ora non è prevista un'uscita. Quindi per ascoltarla bisogna vedere il nostro film al cinema, solo al cinema fino alla fine e sui titoli di coda godersi questo prezzo incredibile”. Ed alla magia della sala, Santoni invita a tornare: “Andare in sala a guardare un film è qualcosa che io trovo assolutamente eccezionale perché ti permette di vivere delle esperienze che vanno oltre la tua vita e a volte anche di trovare degli echi con quella che è la tua vita. Quindi è un’esperienza imperdibile. E’ bellissimo vedere a casa le serie tv, una cosa che faccio molto, che mi piace ma non è assolutamente paragonabile all'esperienza della sala”. Una esperienza sensoriale, visuale ma anche sonora: “Penso sempre che un film debba avere già la sua musicalità all'interno, proprio nella sceneggiatura - sottolinea il regista -. I rumori, le battute e la musicalità che poi cambia sul set, si inventa… E’ veramente come scrivere una canzone, con i sentimenti che vengono espressi anche dal ritmo dalle melodie, dai suoni delle voci, da qualsiasi rumore che fai. E infatti ho lavorato tantissimo su questo e ho avuto la fortuna di lavorare con degli studi di suono che a Roma sono molto forti e a cui sono molto grato. Se ne parla sempre poco di fa questi lavori ma sono molto molto contento di aver lavorato con questi professionisti”. E, a tal proposito, va sottolineato anche il lavoro della costumista Beatrice Giannini che, con gli abiti in cui si stratificano i colori, lascia intravedere anche quello di una speranza interiore, oltre la disperazione dei personaggi. “I personaggi sembrano quasi appesantiti dai loro costumi, come se fosse il peso della situazione in cui si trovano. Ma sotto questo peso si nasconde del colore. Esiste per loro la possibilità di liberarsi e di far uscire quello che sono veramente. Ovvero dei colori bellissimi” come ha spiegato lo stesso regista in una intervista al magazine Hollywood Reporter. (15 gen - red)

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