Un percorso artistico tra memoria e viaggi: “Private Atlas”, di Chiara Dynys, è un progetto espositivo dal taglio antologico, articolato in dodici episodi, a cura di Alessandro Castiglioni, che BUILDINGBOX presenta dal 15 gennaio al 6 gennaio 2026. Per la prima volta BUILDINGBOX dedica una mostra monografica della durata di un anno a un’unica artista, Chiara Dynys – rappresentata da BUILDING – proponendo dodici diversi allestimenti pensati appositamente per lo spazio espositivo che si affaccia su via Monte di Pietà 23, a Milano. “Private Atlas” è una mostra personale diffusa nel tempo, un progetto sperimentale che ripercorre i trentacinque anni di ricerca e attività dell’artista. Il progetto espositivo rappresenta un viaggio composto da una serie di appuntamenti che svelano e pongono l’attenzione su alcuni aspetti poetici dell’opera dell’artista, attraversando la sua biografia, le sue ossessioni e la sua ricerca. Come osserva il curatore Alessandro Castiglioni, la mostra si presenta come “una geografia storica, ma anche emotiva dell’opera di Chiara Dynys”. Il progetto espositivo, concepito come un atlante privato, si articola in tre macro-capitoli intitolati La disseminazione della memoria, Attraversamenti e Viaggio in Italia, che presentano a cadenza mensile, opere storiche e nuove produzioni dell’artista con allestimenti site-specific pensati appositamente per lo spazio di BUILDINGBOX. Il primo capitolo, La disseminazione della memoria (da gennaio ad aprile 2025), raccoglie opere in cui lo spazio, atomizzato e frammentato, racconta le relazioni con le forme della cultura occidentale in un costante dialogo con la propria identità. Il secondo capitolo, Attraversamenti (da maggio ad agosto 2025), guarda a una delle questioni centrali nell’opera dell’artista: la soglia, intesa come luogo, come limite, nella sua materialità e immaterialità. Il terzo capitolo, Viaggio in Italia (da settembre 2025 a gennaio 2026), citando il celebre capolavoro di Rossellini, si interroga sugli immaginari filmici, sul rapporto con l’antico, il classico, ma anche la cultura popolare e vernacolare. Questi racconti, come in un caleidoscopio – altra forma-archetipo cara all’artista, suggerisce Castiglioni – si intrecciano tra loro, accostando immagini e immaginari, in una continuità circolare, lunga un anno, che consegna una lettura storico-critica inedita dell’opera dell’artista. Chiara Dynys è una delle più importanti artiste italiane contemporanee. Il suo lavoro è studiato e presentato da molte istituzioni italiane e internazionali. Tra i musei italiani che hanno ospitato le sue opere figurano il MART, Rovereto (2005-2011); il Museo del Novecento, Milano (2012); la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma (2013); il Museo Correr, Venezia (2019); Villa e Collezione Panza, Varese (2009-2021); il MA*GA, Gallarate (2022); Ca' Pesaro, Museo Internazionale d'Arte Moderna, Venezia (2024). La partecipazione di Dynys a mostre dedicate all'arte del XX e XXI secolo ha fatto sì che il suo lavoro diventasse un punto di riferimento per gli studi sul rapporto tra spazio e luce, sull'installazione e sui linguaggi visivi concettuali. Tra queste mostre ricordiamo Aspectos da Pintura Italiana: do Após- Guerra aos Nossos Dias, Museu Nacional de Belas Artes, Rio de Janeiro e Museu de Arte, Sao Paulo (1989); WHERE? L'identité ailleurs que dans l'identification, Musée d'art moderne de Saint-Étienne (1992); The Shape of the World, PAC Padiglione d'Arte Contemporanea, Milano (2000); Light Art from Artificial Light, ZKM | Museum fur Neue Kunst, Karlsruhe (2006); La parola nell'arte, MART, Rovereto (2007); 7th International Moscow Biennale, Arkhangelskoye Palace, Mosca (2017); e Soundlines of Contemporary Art, ICAE Armenia, Yerevan (2018). Tra le istituzioni internazionali che hanno ospitato le opere di Chiara Dynys figurano il Centre d'Art Contemporain, Ginevra (1996); Centre international d'art contemporain, Montréal (1997); Stadtische Galerie, Stoccarda (1999); Museo cantonale, Lugano (2001-15); Quadriennale di Roma (1986-2005); Kunstmuseum Museum, Bochum (2003); Kunstmuseum, Bonn (2004); Wolfsberg Executive Development Centre, Wolfsberg (2005); MASI - Museo d'arte della Svizzera italiana, Lugano (2018). Il suo lavoro è stato pubblicato a livello internazionale da editori come Skira, Allemandi, Electa, E-Flux. Nel 2024 il suo lavoro è stato incluso nel libro Environments by Women Artists pubblicato da Quodlibet e dal MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma. (gci)
“THE WINDOW”: A BOLOGNA INIZIA “PROJECT ROOM”
Galleria Studio G7 a Bologna inaugura “Project Room”, appuntamento dedicato alle giovani personalità del panorama contemporaneo con l’obiettivo di promuovere e diffondere le ricerche artistiche nazionali e internazionali. A inaugurare il progetto è Mara Palena con “The Window”, mostra personale a cura di Laura Lamonea che intreccia un film di nuova produzione con una serie di opere fotografiche inedite. La ricerca dell’artista si concentra sulla relazione tra corpo e spazio domestico. Il video, girato nella casa d’infanzia di Palena, ricostruisce percorsi che si snodano tra le stanze e si trasformano in un viaggio intimo attraverso memorie e gestualità dove il tempo si traduce in forma visiva. Immagine e movimento si fondono in un’alternanza di inquadrature spaziali e immagini fisse; le ombre morbide e le diverse tonalità catturano istanti e spazi di attesa. Gli oggetti della casa, sospesi in un tempo indefinito, osservano silenziosi le azioni ripetitive, e rivelano un processo mnemonico tanto intimo quanto universale. Nonostante la presenza infinitesimale dell’essere umano sia quasi irrilevante rispetto alle misure universali del tempo e dello spazio, le sue azioni portano a una serie di eventi minimi e tra loro costantemente concatenati. Sono eventi che trasformano il quotidiano in un campo di possibilità, un luogo dove passato e presente dialogano e si riscrivono reciprocamente. I cambiamenti di luce segnano lo scorrere del tempo tra un'azione e l’altra e si intervallano con immagini in bianco e nero; queste sequenze consentono all’opera video di trasformarsi in un tentativo di scolpire il tempo, manipolando la percezione del suo fluire continuo e offrendo uno spazio meditativo. La serie fotografica approfondisce il rapporto con gli oggetti della casa, elementi privi di una funzione precisa che diventano reliquie di un salotto d’infanzia. Mara Palena (1988) vive e lavora a Milano. La sua ricerca si concentra su temi come la memoria, il ricordo e l'identità. Utilizza la fotografia, video e suono e rielabora materiale da archivi, spesso aperti e partecipati come quelli degli home movies, oltre ad attingere ad un archivio personale fatto di immagini fotografiche con cui da anni tiene traccia della sua vita. Il suo lavoro è stato esposto in diversi festival, spazi e gallerie internazionali come: Guardian Art Center, Beijing, Careof, Marsèll Paradise, Nowhere Gallery, Pananti Atelier, Video Sound Art, Milano, Istituto Italiano di Cultura, Madrid, MOPLA, Los Angeles; Artphilein Foundation, Lugano, Recontemporary, Torino. Tra il 2021 e il 2024 è risultata finalista di concorsi d'arte tra cui: Lucie Foundation, Combat Prize, Premio Fabbri, New Post Photography, Artphilein Photo Book Contest. Nel 2022 è stata selezionata da Camera Torino per FUTURES Photography. L'opera Oikeiosis ha vinto il premio Surprize 2022 di Sprint e Fondazione Marcelo Burlon. Il progetto editoriale è stato curato e pubblicato da Witty Books nel 2023 ed è stato inserito da Photo Espana tra 100 migliori libri pubblicati nel 2024. (gci)
PROROGATA L’ESPOSIZIONE “CONTINUA A CORRERE” DI GIORGIO MERCURI
La mostra “Continua a correre” di Giorgio Mercuri, a cura di Carlo Buscia, è stata prorogata fino al 7 febbraio, offrendo un’ulteriore occasione di visita a tutti gli appassionati d’arte. Dopo aver già riscosso grande successo, l’esposizione è allestita al Palazzetto Baviera di Senigallia, uno degli spazi più prestigiosi della città. L’esposizione, organizzata da A.M.I.A. e UNAARTE, con il patrocinio dell’Assemblea Legislativa del Consiglio della Regione Marche, del Comune di Senigallia e dell’Agenzia del Centro di Senigallia, presenta un corpus di nuove opere di grande formato, frutto dell’ultima stagione pittorica dell'artista. I lavori indagano il tema dell'umanizzazione del paesaggio, esplorando come i fattori antropici mutino l’ambiente naturale. Andrea Carnevali ha osservato che “l’artista riesce a fare emergere il lato vulnerabile del pianeta e la sconfitta dell’uomo moderno che ha degradato l’ecosistema. Mercuri osserva il mondo con occhi sensibili, tinto di arancione, marrone, blu e verde, in un passaggio dalla visione oggettiva alla fantasia, dove rimane sempre un legame con l'immagine primitiva, forse dell'infanzia, visibile nelle pennellate verticali”. L’allestimento dell’esposizione, pensato per focalizzare l'attenzione sul rapporto uomo-civiltà, vede i dipinti sospesi su stendini, in una disposizione che richiama i sipari teatrali. Il cuore dell’esposizione è una grande installazione a terra con i piccoli quadri, che creano un tappeto di opere che invita il visitatore a osservare da diverse angolazioni. Questa scena finale rappresenta il culmine della visione artistica di Mercuri, che esplora il complesso legame tra uomo, vita, arte e l’urgenza di affrontare il degrado ambientale. (gci)
L’ARTE DI ALEARDO PAOLUCCI SULLE TRACCE DI PIO II
Palazzo Merulana, sede della Fondazione Elena e Claudio Cerasi, gestito e valorizzato da CoopCulture, ospiterà il 23 gennaio alle 11.00 la conferenza stampa della mostra “Aleardo Paolucci. 1927-2013. Tra Pienza, Siena e Roma sulle tracce di Pio II”, a cura di Laura Bonelli, visitabile dal 24 gennaio al 2 marzo. Aleardo Paolucci il pittore della Val d’Orcia, il pittore di Pienza, ha dato tutto sé stesso per raccontare la bellezza e la magia della sua terra. Scomparso nel maggio del 2013, è stato oggetto di un programma di celebrazioni con il progetto “Paesaggi dell’anima – Paolucci. Il pittore”, iniziato nel 2023 e che procederà fino al 2027. La mostra a Palazzo Merulana rappresenta la terza tappa di un percorso espositivo che ha preso il via a Siena nel complesso museale Santa Maria della Scala, ha proseguito a Pienza, città natale dell’artista, al Collegio San Carlo Borromeo, e approda adesso a Roma, nell’anno giubilare. Potranno essere ammirate 54 opere realizzate da Aleardo Paolucci in occasione del VI centenario dalla nascita di Papa Pio II Piccolomini ed esposte per la prima volta in quell’occasione, nel 2005, per meno di un mese, presso Palazzo Piccolomini. I dipinti raffigurano i momenti significativi della vita di Enea Silvio Piccolomini, ispirati soprattutto dai Commentarii, memorie autobiografiche ricche di particolari e di suggestioni. La mostra, sviluppata nelle tre sedi, costituisce quindi un vero e proprio itinerario che, partendo da Siena e passando per Pienza, giunge infine a Roma, la città dei Papi. Un percorso che esplora il viaggio ideale del Papa, dalla formazione giovanile fino all’apice della sua carriera a Roma, e sottolinea il legame profondo con le sue radici culturali e territoriali. Il progetto è promosso e coordinato da Enki Produzioni con il contributo di Pennington, Bass & Associates (U.S.A.) e realizzato con il patrocinio e la collaborazione dell’Archivio di Stato di Siena, Comune di Siena – Assessorato alla Cultura e con il patrocinio del MIC, Regione Toscana e del Comune di Pienza. (gci)
“CHROMOTHERAPIA”: ALLA SCOPERTA DEI COLORI CHE RENDONO FELICI
Giallo limone, blu intenso, rosso vivo e arancione brillante: i colori come terapia. Ecco il programma vitaminico della nuova mostra dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, “CHROMOTHERAPIA. La fotografia a colori che rende felici”. Di scena dal 28 febbraio al 9 giugno, la mostra che vede come curatori Maurizio Cattelan e Sam Stourdzé, ripercorre la storia della fotografia a colori lungo tutto il XX secolo attraverso lo sguardo acuto di 19 artisti. L’itinerario espositivo, articolato in 7 sezioni, ci trasporta in mondi vibranti e saturi in cui il colore colpisce la retina e mette in gioco l’intelletto. Spesso denigrata e raramente presa sul serio, la fotografia a colori ha in realtà permesso agli fotografi di sbizzarrirsi, di mettere mano alla loro tavolozza per ridipingere il mondo. Sono in tanti a essersi liberati dai vincoli documentaristici del mezzo fotografico per esplorare le comuni radici dell’immagine e dell’immaginario, flirtando con il pop, il surrealismo, il bling, il kitsch e il barocco. La conquista del colore in fotografia segue di poco l’invenzione del mezzo con i primi esperimenti a scopo scientifico a metà del XIX secolo. Nel 1907 fu messo a punto il primo procedimento fotografico industriale a colori grazie all’autochrome, creato dai fratelli Lumière. È l’inizio di un secolo di sperimentazione cromatica: dalle scene ordinarie alle riflessioni filosofiche e politiche, il colore trascende il semplice strumento per diventare elemento narrativo essenziale. Tutte queste innovazioni del quotidiano rivelano un’immagine surreale, iperreale che reinventa i generi - dalla natura morta al ritratto - offrendo una visione gioiosa e colorata del mondo. Tra gli artisti in mostra, William Wegman (1943, Holyoke, USA) immortala con tenerezza i suoi cani, trasformando i simpatici amici a quattro zampe in icone artistiche, Juno Calypso (1989, Londra, UK) stravolge le convenzioni visive del cinema e della pubblicità per mettere in discussione le imposizioni che affliggono la femminilità, mentre Arnold Odermatt (1925, Oberdorf – 2021, Stans, CH), fotografo poliziotto, documenta gli incidenti stradali in composizioni meticolose, dove la poesia si sostituisce al dramma; e Walter Chandoha (1920, Bayonne – 2019, Annandale, USA), soprannominato "The Cat Photographer", rivela una qualità umana nei gatti che fotografa su sfondi saturi, trasformando questi animali domestici in icone fotografiche. Ouka Leele (1957-2022, Madrid), dal canto suo, utilizza toni vibranti per cogliere la liberazione dei corpi nel contesto della rivoluzione culturale e sociale della Movida, e Martin Parr (1952, Epsom, UK), grande testimone dei nostri paradossi contemporanei, dirige il suo obiettivo su vassoi di patatine fritte, suggerendo ironicamente la bulimia del mondo moderno. Negli anni Dieci del Duemila, il magazine Toiletpaper, ideato da Maurizio Cattelan (1960, Padova, IT) e Pierpaolo Ferrari (1971, Milano), al tempo stesso erede e precursore, degno discendente di questi artisti e assolutamente trasgressivo, dialoga e si nutre di questa piccola storia sfavillante e cromatica. Che si tratti di amplificare i dettagli di una scena quotidiana, di ridefinire i codici di bellezza delle riviste o di immortalare soggetti impegnati, la fotografia a colori offre una visione intensamente cromatica del mondo. Tale varietà di sguardi e di pratiche rivela un comune filo conduttore: la volontà di mostrare le cose in modo diverso, infondendo nelle immagini la vita e l’emozione che solo il colore può trasmettere. (gci)
NELLA FOTO. Chiara Dynys, Un’eterna ghirlanda brillante (2022), ergal, 19 elementi di dimensioni variabili
ph. Studio Chiara Dynys, Courtesy Archivio Chiara Dynys