Oggi si ricorda la Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili. Nonostante i divieti, l’infibulazione, nota anche come “circoncisione faraonica – che prevede non solo l’asportazione della clitoride ma anche la “chiusura” del canale vaginale mediante la creazione di un sigillo di copertura - colpiscono oltre 230 milioni di donne e bambine in più di 90 paesi del mondo. Spesso presentate come un requisito per il matrimonio o un rito di passaggio all’età adulta, sono espressione del controllo patriarcale sul corpo delle donne (dimostrando la verginità della donna al momento del matrimonio) e causano gravi complicanze mediche, traumi psicologici ed emarginazione sociale.
In Italia oltre 87.000 donne - di cui 7.600 minorenni, principalmente di origine nigeriana ed egiziana - convivono con le conseguenze delle mutilazioni genitali femminili (MGF) in base a quanto rilevato dall’ultima indagine disponibile (dati 2019 Università Milano-Bicocca. Per prevenire e contrastare questa forma di violenza di genere, il nostro Paese dispone di strumenti contenuti nella legge 7/2006 e del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, ma non vi sono informazioni trasparenti sulla loro effettiva implementazione. Anche l’esito del bando, emanato a fine 2023 dal Dipartimento Pari Opportunità per una nuova mappatura del fenomeno, non è stato ancora reso noto. Ogni anno, grazie alla legge 7/2006, vengono stanziati fondi al Dipartimento per le Pari Opportunità, al Ministero della Salute e al Ministero dell’Interno per interventi specifici, come la gestione del Numero verde contro le MGF (800.300558). Tuttavia, l’assenza di dati pubblici sull’impatto di queste risorse rende difficile valutare l’efficacia degli interventi realizzati mentre l’esperienza quotidiana degli enti che lavorano con le donne portatrici o a rischio di MGF dimostra la necessità di misure più incisive di prevenzione e supporto. “Serve una forte volontà politica per colmare le lacune esistenti e dare risposte concrete alle donne e bambine che subiscono le conseguenze di questa pratica, garantendo il loro diritto alla salute sessuale e riproduttiva” afferma Katia Scannavini, vice segretaria generale di ActionAid Italia.
“Tra le priorità, ActionAid chiede un’applicazione efficace e trasparente della legge 7/2006, l’avvio di una raccolta dati periodica per orientare politiche mirate e l’integrazione del Numero verde contro le MGF nel Numero antiviolenza 1522, attivo h24 e multilingue, per garantire un supporto più specializzato. È poi fondamentale garantire una presenza stabile delle mediatrici culturali nei servizi e sensibilizzare le comunità migranti attraverso le Community Trainer. Per assicurare un reale accesso alle cure e promuovere l’inclusione sociale, chiediamo infine l’inserimento delle MGF nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e l’introduzione di codici DRG specifici per la ricostruzione chirurgica genitale”. Un’importante occasione in questa direzione è la trasposizione nell’ordinamento italiano della direttiva (UE) 2024/1385 sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, votata lo scorso maggio dal Parlamento europeo. Tra i servizi previsti che l’Italia dovrà garantire vi sono infatti un’assistenza specialistica completa facilmente accessibile e consona all’età (terapie ginecologiche, sessuologiche e psicologiche, trattamento post-traumatico), la formazione al personale sanitario che entra in contatto con le vittime e interventi diffusi di prevenzione. Per garantire alle ragazze e alle donne una vita senza violenza, è essenziale una formazione strutturata per la pronta identificazione e gestione dei casi di MGF, coinvolgendo scuole, servizi sociali, forze dell’ordine, magistratura, Commissioni territoriali per la protezione internazionale ed enti che gestiscono centri per migranti. Inoltre, ActionAid chiede l’istituzione di Centri regionali contro le MGF in tutta Italia, affidati a team multidisciplinari, in linea con le linee guida ministeriali seguite all’adozione della legge 7/2006. L’occasione per integrare queste misure potrebbe essere il nuovo Piano strategico nazionale contro la violenza maschile sulle donne 2025-2027, attualmente in fase di scrittura. Proprio per affrontare queste criticità e individuare strategie condivise, oggi, si tiene a Milano il quinto Summit organizzato dalla Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva-rigenerativa ed Estetica (SICPRE) in collaborazione con ActionAid. “Il Summit itinerante sulle mutilazioni genitali femminili – dice Cosmo Maurizio Ressa, presidente della SICPRE - è uno degli eventi con cui la SICPRE si rivolge direttamente alla società civile, come in occasione della giornata per la consapevolezza della ricostruzione mammaria, quella sulla chirurgia post-bariatrica e sul linfedema. Anche in questo caso, vogliamo raggiungere le potenziali pazienti, informandole sulle migliori possibilità di cura e sulle possibilità fornite dalla chirurgia plastica, impensabili fino a pochi anni fa. Grazie alle tecniche ricostruttive e rigenerative, oggi la chirurgia plastica può migliorare radicalmente la vita delle donne che hanno subito una mutilazione genitale, riducendo le cicatrici lasciate da questa pratica e ripristinando il più possibile forma e funzione”. (6 feb - red)
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