Subito dopo il suo insediamento come presidente degli USA, Trump ha esternato il suo grande “interesse” per la Groenlandia (politicamente legata alla Danimarca), il Canale di Panama (un tempo già sotto il controllo americano) e sul Canada, auspicando il suo ingresso negli USA come 51mo Stato americano. Contestualmente ha aumentato di molto i dazi su diversi prodotti importati dal Canada e dal Messico, congelandoli subito dopo per un tempo limitato avuta l’assicurazione della presidente messicana sull’invio immediato di 10mila soldati al confine con gli States per accentuare il contrasto alla immigrazione clandestina e al traffico di stupefacenti.
Le “ambizioni” espansionistiche di Trump riassunte nel progetto del “Make America Great Again”, sono a dir poco sconcertanti. Non sono mancate le reazioni e, tra queste, quella di Mùte Egede, primo ministro della Groenlandia che ha replicato indignata come “la Groenlandia appartiene al suo popolo; il nostro futuro e la lotta per l’indipendenza sono affari nostri”. L’isola, lo ricordiamo, è ricca di risorse naturali, dalle terre rare al petrolio e la sua posizione geografica è di grande rilevanza nelle dinamiche tra USA, Russia e Cina ( nel 2018 gli USA riuscirono a bloccare un tentativo cinese di finanziare la costruzione di aeroporti in Groenlandia). Anche con il Canada la tensione è molto alta perche secondo gli USA sarebbero numerosi i trafficanti che attraversano la frontiera trasportando il Fentanyl ( prodotto, in piena legalità anni fa, come antidolorifico, dall’industria farmaceutica americana, i cui componenti chimici, oggi, provengono essenzialmente dalla Cina) che tanti problemi sta causando.
Nel 2024 sarebbero state, infatti, circa 75 mila le morti da overdose di questo oppiaceo sintetico. In Canada, va detto chiaramente, il mercato illecito delle droghe ha assunto negli ultimi anni dimensioni davvero anomale e a poco è servita la depenalizzazione di piccole quantità di cocaina, eroina, fentanyl adottata nel 2023 dalla provincia canadese della British Columbia. Dal commercio delle droghe i gruppi della criminalità ricavano un fatturato superiore ai 6 miliardi di dollari; questo può spiegare, come in questo paese, la presenza di mafiosi italiani e di origine italiana nella rete di importazione e di distribuzione sia fondamentale. Ma non è la sola naturalmente. A fianco dei soliti narcos colombiani interessati, in particolare, al controllo del mercato della cocaina nelle città della parte occidentale e centrale del paese, si rileva la presenza di gruppi di origine asiatica, più esperti nella distribuzione dell’eroina. Ci sono, poi, una moltitudine di trafficanti portoghesi, dominicani giamaicani, “cani sciolti” nello spaccio delle droghe.
La polizia canadese ritiene che il mercato assorba dalle 15 alle 20 tonnellate di cocaina all’anno , importate utilizzando container o via aerea. L’ultima operazione (indicata come “Project.Brisa”) è del gennaio scorso; si è protratta per sei mesi e si è conclusa a Toronto con il fermo di 20 persone ed il sequestro di 444kg di cocaina, 157kg. di metamfetamina, 427kg. di marijuana e 300 pillole di ossicodone. Il contrasto al narcotraffico è reso difficile dalla configurazione geografica del Canada; 8mila chilometri di frontiera con gli USA e 66mila km di costa atlantica e pacifica; circa 10 milioni di spedizioni commerciali ogni anno attraverso porti, aeroporti e vie terrestri; migliaia di Tir attraverso il confine terrestre; un flusso di visitatori, mediamente, di oltre 100 milioni l’anno, per lo più via terra; più di 1000 piste di atterraggio, dalle più grandi a quelle appena localizzabili, in alcuni punti del paese difficilmente raggiungibili a causa del clima. Un quadro, come si può capire, non incoraggiante per chi deve combattere il narcotraffico salvando così molte vite.