“Se un ragazzino non vuole toccare con i piedi la scala arcobaleno di sicuro si sta facendo portavoce di un pensiero non suo che ha sentito a casa”, “si è trattato di un dibattito tra adulti in cui in realtà la vittima è il ragazzino. Lui si è fatto espressione di un pensiero che non lo riguarda, in maniera ovviamente adeguata alla sua età (con azioni non ponderate) che ha innescato una reazione a catena di altri adulti. Forse avrebbero potuto lasciargli prendere l’altra scala visto che come diceva la Montessori l’apprendimento è libero, o forse no”. Lo afferma in una intervista al Corriere della Sera Paolo Crepet commentando l’episodio dello studente 13enne di Verona che e si è rifiutato di salire sulla scala arcobaleno inaugurata nella giornata contro l’omofobia. “La scala arcobaleno in sé non ha alcun problema ovviamente. Gestire l’argomento senza essersene occupati prima però è un errore. Se sono un ragazzo di 13 anni e leggo sull’ultimo gradino la scritta ‘l’amore è amore’ non capisco cosa voglia dire è come dire ‘l’acqua è bagnata’. Quante sono le ore in cui in classe si è parlato di questo? Se vogliamo far fare i conti ai bambini e ai ragazzi con questi temi dobbiamo farlo con i con i loro tempi, lasciando loro gli spazi non obbligandoli al politicamente corretto appiccicando quindi loro addosso etichette che nell’età della ribellione infastidiscono”. E aggiunge: “È pieno di ragazzi che escono di notte a 13 anni, di ragazzine vestite da Lolita che entrano nei social e li usano nel modo sbagliato. Non siamo nemmeno stati capaci di togliere i telefonini ai bambini e ai ragazzi pur sapendo che questo causava loro grossi danni nell’apprendimento. Vogliamo veramente occuparci della loro formazione della loro salute? Pensiamo piuttosto a questo”. (6 mar - red)
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