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DICIOTTI, I MIGRANTI
VANNO RISARCITI

DICIOTTI, I MIGRANTI <br> VANNO RISARCITI

L’Italia dovrà risarcire economicamente un gruppo di migranti eritrei per aver loro, per dieci giorni, impedito di sbarcare dalla nave Diciotti, nell’agosto 2018. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, in una sentenza depositata ieri, in cui si afferma che v”aa certamente escluso che il rifiuto dell'autorizzazione allo sbarco dei migranti soccorsi in mare protratto per dieci giorni possa considerarsi quale atto politico sottratto al controllo giurisdizionale”. Secondo la Corte “l'azione del Governo, non può mai ritenersi sottratta al sindacato giurisdizionale quando si ponga al di fuori dei limiti che la Costituzione e la legge gli impongono, soprattutto quando siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini (o stranieri), costituzionalmente tutelati". Il tasso della polemica politica schizza subito alle stelle, con la premier Giorgia Meloni in persona che va all’attacco su X affermando che quello usato dalla Cassazione “è un principio risarcitorio assai opinabile, quello della presunzione del danno, in contrasto con la giurisprudenza consolidata e con le conclusioni del Procuratore Generale”. In sostanza però, attacca Meloni “per effetto di questa decisione, il Governo dovrà risarcire – con i soldi dei cittadini italiani onesti che pagano le tasse – persone che hanno tentato di entrare in Italia illegalmente, ovvero violando la legge dello Stato italiano. Non credo siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni, e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante”.

Anche la Lega attacca frontalmente i giudici: “Assurdo. Paghino questi giudici di tasca loro, se amano tanto i clandestini”. Riccardo Magi, segretario di Più Europa, è il primo a contrattaccare: “Ancora una volta Giorgia Meloni sceglie i social network e non il parlamento per parlare agli italiani. E lo fa con la solita dose di vittimismo becero per entrare ancora una volta a gamba tesa contro la decisione di un organo indipendente dello Stato. Io ero sul molo del porto di Catania a chiedere che lo Stato italiano si comportasse da stato democratico e consentisse a quelle persone di scendere – ricorda Magi - Persone salvate in mare e in fuga dalle violenze e  dagli stupri che avevano subito in Libia, come un gruppo di donne eritree che hanno attraversato l’inferno. Il risarcimento per quelle persone è il minimo”.

(Sis)

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