“L'Europa fatica a tenere il passo con i paesi più dinamici, in primis gli Stati Uniti, principalmente a causa della bassa crescita della produttività. L’innovazione è uno dei principali motori della produttività. L'UE si caratterizza per una performance innovativa relativamente debole, un aspetto che chiamerò “gap di innovazione dell’UE”, riprendendo la terminologia del Commission Competitiveness Compass. Storicamente, l’Europa ha avuto una buona capacità di generare nuove idee: ad esempio, produce quasi un quinto delle pubblicazioni STEM più citate a livello globale, una quota pari a quella degli Stati Uniti. Analogamente, circa un terzo delle domande di brevetto all'Ufficio europeo dei brevetti (EPO) proviene da residenti dell'UE. Tuttavia, queste quote sono diminuite nell'ultimo decennio. L’UE ha perso terreno rispetto alla Cina e, per quanto riguarda i brevetti, anche rispetto agli Stati Uniti. Inoltre, la quota di brevetti europei nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, settori ad alto potenziale di crescita, è relativamente ridotta, mentre è maggiore in ambiti più maturi, come i trasporti e l’ingegneria civile. Persistono, inoltre, difficoltà nel creare un mercato europeo integrato delle idee: due terzi dei brevetti commercializzati registrati da università o istituti di ricerca europei includono un partner dello stesso paese, segnalando un forte bias nazionale. Altri indicatori dell’innovazione, come la spesa in ricerca e sviluppo, confermano questa situazione. Questi elementi suggeriscono che la ricerca delle cause profonde del gap di innovazione dell’UE non dovrebbe limitarsi agli aspetti finanziari, ma che vi sia qualcosa di più profondo in gioco”. Così Paolo Angelini, Governatore della Banca d’Italia, ieri durante il suo intervento di apertura della Conferenza "Financing Growth and Innovation in Europe: Economic and Policy Challenges”, organizzata dalla Florence School of Banking and Finance di Firenze e dal Robert Schuman Centre for Advanced Studies presso l'Istituto Universitario Europeo di Fiesole.
“Il basso investimento in innovazione in Europa non è certo dovuto a una carenza di risparmi interni. Il tasso di risparmio delle famiglie europee è strutturalmente più elevato rispetto a quello delle famiglie statunitensi e ogni anno circa 300 miliardi di euro di risparmi europei vengono investiti in mercati al di fuori dell’UE, riflettendo il surplus delle partite correnti che caratterizza l’Unione. Il sistema finanziario europeo sembra essere relativamente meno attrezzato per finanziare investimenti innovativi e ad alto rischio. I progetti innovativi dipendono principalmente dal capitale di rischio fornito tramite autofinanziamento o investitori specializzati, poiché il debito, in particolare i prestiti bancari, è meno adatto a questi progetti a causa dell’elevato rischio e del disallineamento degli incentivi tra finanziatori e imprenditori. Tuttavia, nelle principali economie dell’UE, il settore bancario ha storicamente avuto un peso predominante nel sistema finanziario, a scapito della quota degli investitori istituzionali (come compagnie assicurative e fondi pensione). Il problema è aggravato dalla crescita graduale degli investimenti in beni intangibili (ad esempio software, proprietà intellettuale e brevetti) rispetto al totale degli investimenti aziendali in molte economie avanzate: questi asset non sono un collaterale ideale per i prestiti bancari. Meccanismi di condivisione del rischio come la cartolarizzazione potrebbero aiutare le banche a svolgere un ruolo importante nel finanziamento dell’innovazione. Infatti, le banche potrebbero sviluppare competenze nella selezione delle startup innovative, avviare la relazione e, attraverso la cartolarizzazione, trasferire il rischio di credito ad altri investitori più attrezzati per gestirlo. Tuttavia, dopo la revisione normativa seguita alla crisi finanziaria globale, il mercato europeo della cartolarizzazione è rimasto contenuto rispetto a quello statunitense e di altri paesi”.
“Le preferenze delle famiglie – prosegue Angelini - potrebbero giocare un ruolo in questo contesto. Secondo i dati sui conti finanziari, alla fine del 2023, il contante e i depositi rappresentavano il 33% del totale degli attivi finanziari nell’area euro, contro appena il 12% negli Stati Uniti. Per le azioni, le percentuali sono invertite: 24% nell’area euro (solo il 4% quotate) contro il 39% negli Stati Uniti (26% quotate). Questi dati suggeriscono un’avversione al rischio relativamente alta tra le famiglie dell’UE, confermata anche da indagini di mercato. Un’elevata avversione al rischio può influenzare negativamente il flusso di risorse verso il finanziamento delle imprese, sia direttamente – attraverso una ridotta domanda di strumenti azionari e obbligazionari – sia indirettamente – attraverso mandati di investimento prudenti dati agli investitori istituzionali. I fondi di venture capital (VC), gli intermediari più orientati al finanziamento dell’innovazione, sono relativamente sottosviluppati nell’UE. L’Europa è in ritardo rispetto agli Stati Uniti e a diverse altre economie avanzate. La carenza di VC in Europa si fa sentire soprattutto nelle fasi avanzate del ciclo di vita delle imprese, poiché le startup di successo necessitano di crescenti capitali per crescere fino a diventare grandi aziende. Questo divario può essere spiegato da diversi fattori. In parte riflette alcune delle caratteristiche dell’economia dell’UE già menzionate, tra cui il sottosviluppo relativo degli investitori istituzionali e la bassa propensione al rischio delle famiglie. Inoltre, la propensione degli investitori istituzionali a investire nel VC è significativamente inferiore nell’UE rispetto agli Stati Uniti, a causa di una scarsa familiarità con questa classe di asset, alti costi di due diligence e restrizioni normative. La frammentazione dei mercati finanziari europei è un altro fattore critico, poiché rende costoso investire in diversi paesi UE, limitando le opportunità di crescita e di uscita dei fondi di VC”.
“Sebbene ancora piccolo, il settore del VC nell’UE è cresciuto significativamente nell’ultimo decennio, grazie a iniziative pubbliche. L’esperienza di diversi paesi dimostra che l’investimento pubblico è cruciale per l’espansione del venture capital. Negli Stati Uniti, il sostegno pubblico al VC è iniziato negli Anni ‘60 con l’iniziativa Small Business Investment Company (SBIC). In Svezia, il governo ha stimolato il VC come parte di una riforma finanziaria negli Anni ‘80. In Francia e Germania, iniziative simili si sono viste nei primi anni 2010 e più recentemente in Italia. Un elemento comune in questi esempi è il ruolo dello Stato come investitore di riferimento per attrarre capitali privati. Cionondimeno, l’intervento pubblico deve essere attentamente calibrato e non garantisce automaticamente il successo. Per rendere il sistema finanziario europeo più favorevole all’innovazione, è necessaria una combinazione di iniziative private, riforme regolatorie e interventi pubblici. Il Competitiveness Compass della Commissione sottolinea la necessità di colmare il divario di innovazione attraverso una strategia che include la creazione di un'Unione del Risparmio e degli Investimenti (SIU) e un “28° regime” per le imprese innovative. Tuttavia, il successo di queste iniziative dipenderà dalla capacità di raggiungere un accordo politico su un quadro giuridico chiaro ed efficace”.
(11 mar – red)
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