“Il decreto Sicurezza appena entrato in vigore pone seri problemi di metodo e di merito, già denunciati dall’Accademia e dall’Avvocatura. Sul metodo, perché il ricorso al decreto legge ha posto nel nulla un fecondo dibattito in Parlamento che durava da oltre un anno. Sul merito, perché le quattordici nuove fattispecie incriminatrici, l’inasprimento delle pene di altri nove reati e l’introduzione di aggravanti prive di fondamento razionale danno vita a un apparato normativo che non si concilia facilmente con i principi costituzionali di offensività, tassatività, ragionevolezza e proporzionalità”. Si esprime così la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati, in merito al provvedimento varato dal Consiglio dei ministri per superare l’impasse parlamentare creatasi sul precedente Ddl Sicurezza, oggetto di osservazioni da parte del Quirinale prima e poi tornato alla Camera per via dei problemi di coperture sollevate dalla Commissione Bilancio di Palazzo Madama. Nel decreto sicurezza invece, rileva oggi l’Anm, “si introducono nuovi reati per sanzionare in modo sproporzionato condotte che sono spesso frutto di marginalità sociale e non di scelte di vita: basti pensare che la pena per l’occupazione abusiva di immobili coincide con quella prevista per l’omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Inoltre, incriminare la resistenza passiva nelle carceri e nei Cpr, e dunque la resistenza non
violenta e la semplice manifestazione del dissenso, produce effetti criminogeni, con il rischio concreto che lo stato di detenzione diventi il presupposto per l’irrogazione di nuove e ulteriori condanne. E ancora, nonostante la gravissima situazione carceraria, più volte denunciata, si introducono nuove ipotesi di esclusione delle misure alternative e dei benefici penitenziari, oltre al carcere per le donne incinte. A fronte di ciò, non vengono previste misure per fronteggiare la drammatica situazione degli istituti penitenziari o per potenziare gli strumenti a disposizione della magistratura di sorveglianza, aumentando le dotazioni anche per il finanziamento di strutture alternative”. “Restano quindi ancora attuali le preoccupazioni che da tempo l’Associazione nazionale magistrati ha manifestato per le condizioni fatiscenti delle carceri italiane, per il loro sovraffollamento e per l'elevato numero di suicidi, tanto tra la popolazione detenuta quanto tra la polizia penitenziaria” si legge in una nota, in cui l’organismo rappresentativo dei magistrati auspica “che in sede di conversione possano essere adottati tutti i correttivi necessari a scongiurare i rischi di un diritto penale simbolico e invita l’Avvocatura e l’Accademia ad una riflessione comune sull’uso dello strumento penale come mezzo di controllo sociale e sui possibili profili di illegittimità costituzionale che alcune delle norme contenute nel decreto presentano”. La maggioranza difende invece il provvedimento: “L’Anm si preoccupa del decreto Sicurezza arrivando ad affermare che bisogna evitare che lo strumento penale sia mezzo di controllo sociale. Spiace osservare che non ha mai detto una sola parola sui 15mila e oltre cittadini italiani, presunti innocenti, in custodia cautelare. Buona parte sono prigionieri innocenti. Lo dimostrano le statistiche. Prigionieri incarcerati che poi verranno assolti. Incarcerati per effetto di provvedimenti giudiziari che poi si riveleranno errati. L’Anm si preoccupi dei cittadini innocenti e non dei cittadini che distruggono piazze, occupano abusivamente case, bloccano treni e autostrade, truffano anziani o terrorizzano passeggeri inermi nelle stazioni” dichiara in una nota Tommaso Calderone, capogruppo di Forza Italia in commissione giustizia alla Camera. (Roc)