La morte di Papa Francesco ha scosso profondamente la vita di tutti gli argentini. Sin dalle prime ore del mattino, centinaia di persone si sono riversate nella Cattedrale Metropolitana di Buenos Aires, dove la messa del lunedì si è trasformata in un’occasione di raccoglimento per piangere la scomparsa del primo Papa argentino. E anche italiano. Mario Jorge Bergoglio era infatti discendente di piemontesi e, in quanto tale, vicino alla comunità italo-discendente in Argentina. “Il papato di Francesco lo abbiamo vissuto con una vicinanza assoluta, come una questione propria, personale”, ha spiegato commossa a 9Colonne la professoressa Laura Moro, fondatrice della Familia Piemontesa di Paraná e membro del Comitato degli Italiani all’Estero (Comites) di Rosario. “Tutti gli italo-argentini che potevano viaggiavano a Roma per vederlo, per stargli vicino, e lui li ha sempre ricevuti con affetto, ricordando proverbi e modi di dire di sua nonna piemontese. Ora, con quella stessa intensità, stiamo vivendo questa notizia così triste. Con profondo dolore, col senso di una perdita e un grande vuoto. Non solo per la grande figura di un Papa argentino, ma anche di un fratello italiano, di un conterraneo. Qualcuno che si identificava sempre coi più deboli, anche per questo come italo-argentini lo ammiravamo. Ha sempre saputo comprendere la debolezza e la sofferenza che hanno vissuto i nostri nonni emigrando da una patria sofferente, sanguinante ancora a causa delle guerre. E immigrati in questa terra, che li ha ricevuti con amore, ma che sin dal primo momento ha chiesto loro sacrifici, lavoro duro, per stabilirsi in questa terra ancora vergine. Loro l’hanno fatta fiorire, con la loro destrezza, con l’abilità ereditata dai propri avi e con le loro mani callose”. Moro ricorda che Bergoglio è uno dei discendenti illustri riconosciuti con il Premio dei Piemontesi Distinti, assegnato ogni anno dalla Federación de Asociaciones Piemontesas en Argentina (FAPA), e che nel 2013 era stato riconosciuto dall’associazione piemontese di Corrientes come socio onorario, alla presenza di autorità italiane e argentine.
“Io mi sento particolarmente identificata con lui. Sono piemontese, nata a Torino, e l’ho sempre sentito così vicino a quei valori, quelle radici, quel modo di essere e soprattutto quell’onestà. Da buon piemontese aveva obiettivi ben chiari. E anche a costo di essere chiamato ‘testa dura’, li ha perseguiti fino a raggiungerli. Così è stato sempre, nel suo cammino in cerca del Padre, che oggi si conclude. Noi restiamo fedeli ai suoi valori, che sentiamo nostri in quanto italiani, e che erano soprattutto di non lasciarci mai andare, avere sempre chiare le nostre mete. ‘Sempre avanti’, ci diceva. ‘Fate casino’, invitava. ‘E cantate sempre, perché cantare unisce’. Quante volte Francesco ricordava la sua famiglia piemontese, parlava della bagnacauda, della gastronomia tradizionale dei suoi nonni, e cantava antiche canzoni piemontesi”. Anche Alfredo Musitani, segretario del Comitato delle Associazioni Venete in Argentina (Cava), si trovava lunedì mattina in Plaza de Mayo, all’ingresso della cattedrale in cui soleva celebrare messa l’allora arcivescovo Bergoglio, per rendere omaggio al Papa. “Non ho mai avuto l’onore di conoscerlo”, chiarisce Musitani. “Il padrino di mia figlia era uno dei cosiddetti curas villeros, una persona molto pragmatica, che sosteneva i più giovani nelle favelas argentine, e mi ha raccontato spesso com’era la vita in questi luoghi, e l’appoggio che ricevevano dal Papa. È impossibile non voler bene a una persona così vicina, così impegnata a sostenere la gente che risolve davvero i problemi degli altri”. Musitani spiega che, proprio poche ore prima della pubblicazione della notizia della morte di Papa Francesco, è arrivata a Buenos Aires la Madonna di Monte Berico, che già a partire da questo venerdì, in occasione della Festa della Liberazione, sarà esposta nella Plaza Italia della capitale. “Domenica speriamo di poterla portare alla messa nella chiesa di San José, nel quartiere Flores, il quartiere dove Bergoglio è nato”. Il 2026 è stato dichiarato proprio da Francesco Anno Giubilare Mariano e della Rinascita, in occasione dei 600 anni della prima apparizione della Vergine Maria a Monte Berico. Nel suo ricordo, Musitani non nasconde un certo grado di polemica, legato al dibattito che attraversa oggi tutte le associazioni italiane in Argentina: “Io sono nipote di vicentini e calabresi. I miei figli e nipoti, a partire dalle ultime disposizioni sulla cittadinanza italiana, sono rimasti esclusi dalla possibilità di essere riconosciuti come italiani. Quello che abbiamo perso è un Papa che si è lanciato con forza contro ogni forma di esclusione, ed oggi è anche questa l’eredità che sento affiorare in queste circostanze tristi”. (fel – 22 apr)