Ogni anno nel Mediterraneo, molte tartarughe marine vengono intrappolate in attrezzi da pesca abbandonati. Per affrontare il problema è stato creato il progetto Life Oasis, unendo tecnologia, ricerca e collaborazione con il settore della pesca a livello internazionale. In particolare, il dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa è tra i partner. Il progetto, che durerà cinque anni, mira a ridurre l’impatto della pesca e dei rifiuti marini sulla biodiversità, concentrandosi sulle tartarughe Caretta caretta. Reti, lenze, nasse lasciate in mare e lasciate incustodite si possono infatti trasformare in trappole mortali e possono continuare a catturare pesci e altre specie per mesi o addirittura anni, un fenomeno noto come “pesca fantasma”. Life Oasis svilupperà un modello innovativo di dispositivi ancorati al fondale marino (aFAD), utilizzati per una pesca controllata e sostenibile. Questi strumenti saranno dotati di sensori avanzati per monitorare l’ecosistema circostante e raccogliere dati su pesci e specie protette. Il progetto includerà anche una mappatura degli attrezzi da pesca abbandonati nel Mediterraneo. “L’obiettivo è triplice: prevenire la cattura accidentale delle tartarughe marine, promuovere la sostenibilità della pesca e tutelare la biodiversità” spiega il professor Paolo Casale dell’Università di Pisa, referente scientifico del progetto ed esperto nella conservazione delle tartarughe marine e nelle loro interazioni con la pesca. L’iniziativa è co-finanziata dall'Ue nell'ambito del Programma LIFE. Il progetto è coordinato da Alnitak Research Institute (una ONG spagnola) e vede la collaborazione di prestigiosi partner, tra cui il Consiglio superiore delle ricerche scientifiche spagnolo (CSIC) e, fra quelli italiani, la Stazione Zoologica Anton Dhorn e l’Associazione Filicudi Wildlife Conservation.
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