“Chi l’ha detto che donne e uomini sono uguali?”: da questa domanda ha preso le mosse il convegno organizzato da Farmindustria a Roma. Un’occasione per fare il punto sulla medicina di genere, alla vigilia dell’8 marzo. Imprese, istituzioni (presenti Emilia Grazia De Biasi, presidente Commissione Igiene e Sanità del Senato ed Eugenia Roccella, componente Commissione Affari Sociali Camera), associazioni (Francesca Merzagora, presidente Onda), mondo della ricerca e sindacati: presso il Tempio di Adriano il problema è stato analizzato da mille angolazioni, sottolineando soprattutto il fatto che medicina di genere non significa banalmente “medicina delle donne”, ma un approccio personalizzato al paziente che prenda in considerazione la diversità – biologica e culturale – tra uomini e donne. “Nell’industria farmaceutica le donne rappresentano il 43% - a fronte del 25% dell’industria in generale – mentre nella ricerca farmaceutica superano il 50%, rispetto al 16,8% degli altri settori. Siamo quindi un arcipelago felice”: ad affermarlo Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria. L’associazione evidenzia inoltre che nell’ambito dell’industria farmaceutica le donne sono quasi tutte laureate e diplomate (90%), spesso ricoprendo ruoli di massima responsabilità: basti pensare che 1 dirigente su 3 è donna. Sul rapporto tra personalizzazione delle cure e medicina di genere, a margine dell’evento Scaccabarozzi sottolinea: “Purtroppo – afferma il numero uno di Farmindustria - ce ne siamo resi conto tardi e dobbiamo fare mea culpa, ma come è stato reso evidente negli anni che un bambino non è un uomo in piccolo, così la donna non è un uomo al femminile. I farmaci funzionano in modo diverso, ci sono dei farmaci specifici per le donne e la ricerca questo lo ha recepito, cambiando indirizzo: lo vediamo dal numero di nuovi farmaci che stanno arrivando, ce ne sono 850 nuovi specifici per il genere femminile. Un dato interessante è che questi nuovi farmaci non riguardano tutti le malattie ginecologiche: la ginecologia infatti arriva solo all’ottavo posto, questo vuol dire che ci sono ben 7 branche della medicina dove la medicina di genere è già una realtà”.
UNIVERSITA’. A partire dall’anno accademico 2017-18 “tutti i corsi di laurea in medicina avranno nell’ambito delle loro discipline – dall’endocrinologia alla radiologia, dalla ginecologia alla medicina interna - l’insegnamento della medicina di genere, intendendo con questa la prima tappa della medicina personalizzata, perché quanto meno si distingue tra maschile e femminile”: lo ha annunciato Andrea Lenzi, presidente nazionale Associazione Conferenza dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e Presidente Sie (Società italiana di endocrinologia). “Non perché – aggiunge – ci siano due medicine differenti ma perché la terapia e la diagnostica vanno declinate in funzione del sesso. La medicina di genere è un momento fondamentale dell’approccio al paziente, ed entra ufficialmente nei corsi di medicina attraverso una personalizzazione della terapia funzionale alla mancanza, fino ad oggi, di un’identificazione del genere che non è il sesso, fatto biologico, ma un fatto culturale, sociale, economico”. Patrizia Popoli, presidente della Commissione Tecnico Scientifica dell’Aifa, ha sottolineato come “siano stati fatti enormi passi in avanti a partire dagli anni ’90, quando era quasi impossibile che una fase precoce di uno studio clinico coinvolgesse una donna, specie se in età fertile: tutto questo era nell’ottica di proteggere le donne, ma alla fine le esponeva a molti rischi perché i farmaci non erano testati e studiati per loro. Basti pensare che una recente ricerca americana rivela che 8 farmaci su 10 sono stati ritirati a causa di problemi di sicurezza per le donne”.
I CORSI. Nel corso del convegno, Farmindustria ha annunciato che promuoverà corsi di formazione e informazione sui farmaci, sull’appropriatezza terapeutica e sulla prevenzione destinati in primo luogo alle donne. “Perché le donne sono protagoniste nelle decisioni sugli stili di vita, sulle cure e nell’assistenza ai più deboli nell’ambito della famiglia. Svolgono dunque il doppio ruolo di caregiver per la comunità familiare e di sussidiarietà rispetto al sistema assistenziale pubblico” spiega il numero uno di Farmindustria, Scaccabarozzi, che aggiunge: “C’è l'Osservatorio Onda che rivela come le donne consumino di più i farmaci ma si curano peggio, anche perché riservano più attenzione alle persone di cui si occupano che a se stesse. Questo venire al secondo posto fa sì che nonostante consumino più farmaci li usano peggio – sottolinea il presidente di Farmindustria a margine dell’evento - Ce ne siamo resi conto e vogliamo fare dei corsi di formazione e informazione affinché le donne riescano a recepire questo problema, in modo che non sia più tale”.
IL MINISTRO. A chiudere i lavori il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: “La medicina di genere è un fattore scientifico e non politico, dobbiamo mettere sul piatto la nostra volontà di essere curate con le stesse possibilità che ha l'altra metà del nostro cielo, cioè gli uomini – ha sottolineato il ministro – il tema l’abbiamo portato al semestre europeo di presidenza italiana e lo porteremo al G7 Salute che si terrà a Milano a novembre”. (PO / Roc – 7 mar)
(© 9Colonne - citare la fonte)