“WEST AND SKODA”, COMEDY NOIR A SAN LORENZO
Il comedy-noir “West and Skoda. Quei giorni da cani” di Davide Pellegrini (Robin Edizioni, da poco arrivato nelle librerie) è il primo capitolo di una saga ambientata a Roma nel quartiere di San Lorenzo e che vede protagonista il vicequestore Walter Soccio. Come nasce e, soprattutto, perché nasce un comedy noir ambientato a San Lorenzo? Sarebbe più giusto, prima di dare una risposta, cominciare dal raccontare cos’è San Lorenzo, quartiere ricco di storia che – frutto di una temperie popolare che l’ha da sempre rappresentato come una sorta di periferia al centro di Roma – negli ultimi anni è stato dipinto dalle cronache dei giornali solo per il degrado e le cattive condizioni di una zona malfamata da cui guardarsi, eccezion fatta per quel particolare momento di svago di una cena spesa tra amici in uno dei locali tipici che affollano l’immaginario della città. Innanzitutto c’è un’esperienza personale di circa quindici anni passati nel quartiere, che hanno consentito all'autore di osservare nei minimi particolari la vita di un luogo stratificato, multiculturale, straordinariamente vivificato dalla presenza di una classe di professionisti della creatività, artisti, pubblicitari, registi, autori, editori che ne ha sempre difeso la vocazione a luogo-paese ancora denso di umanità, di solidarietà, di attività sociali di una cultura resistente, una vera e propria "trincea culturale”.
L'IDEA L’idea di una serie ambientata a San Lorenzo è prima di tutto un’idea di revival di un realismo meno urlato e più incline ad analizzare i comportamenti e i misfatti di uno spaccato sociale picaresco e sui generis, di una romanità a suo modo portatrice del vox populi sapiente della povertà. Questo non vuol dire che ci sia un’esaltazione e tantomeno il desiderio di idealizzare con una facile retorica un quartiere che, di fatto, vive da sempre una condizione difficile, in cui il malaffare riesce incredibilmente a sposarsi con una dimensione intellettuale e attiva. Piuttosto, c’è la volontà di mettere un faro su San Lorenzo, cercando – attraverso storie semplici e divertenti, incastri a tratti labirintici ma comprensibili – di raccontare una parte di popolo che vive in un ghetto dal passato combattente e forte. I personaggi fanno parte di un humus, un habitat caratteristico, in cui il pensiero dialettale diventa portavoce di una filosofia di stare al mondo. C’è, inoltre, un escamotage narrativo che fa parte della visione e del linguaggio dell’autore. L’idea di innestare nella narrazione registri diversi, il colto e il popolare, i riferimenti alla cultura contemporanea e ai personaggi del dibattito culturale più attuale dal punto di vista dell’identità locale. Una contaminazione di elementi che tende a dare spessore umano e colloquiale a personaggi che alla fine hanno poco di eroico ma che, proprio per questo, entrano più facilmente nel cuore delle persone. Il vicequestore Walter Soccio è un individuo bizzarro che si muove sempre in Skoda e vive a Roma nel quartiere San Lorenzo. Con la sua aria stropicciata e l’ironia pungente, i modi spiccioli che lo portano ad assumere una condotta a volte poco ortodossa, indaga sui casi irrisolti che l’odioso capo gli affibbia in emergenza. Il suo talento investigativo nasce da un’osservazione continua dei particolari, dalla conoscenza profonda del territorio e dai rapporti intrattenuti con il milieu del vecchio rione di picari e furfanti. A questa esteriorità burbera fa però da contraltare un animo filosofico che dà vita a riflessioni esistenziali permeate di lucida malinconia. Soltanto la vicinanza di Luna, il suo grande amore, regala a Soccio attimi di respiro che interrompono l’apnea della solitudine interiore.
L'AUTORE Dopo una laurea in Lettere Moderne alla Sapienza di Roma con indirizzo Storico artistico, si specializza in management della cultura a Torino. Si occupa da anni di strategie di narrazione, media digitali e innovazione, collaborando con università, enti pubblici, aziende. Senza mai perdere di vista l’interesse e la passione per la scrittura. È ideatore e relatore di The Next Stop, educational col taglio di format televisivo sulla cultura e i linguaggi contemporanei, giunto quest’anno alla sua sesta edizione. Scrive su riviste e magazine, ha pubblicato diversi saggi. Questo è il suo primo romanzo.
"IL BAMBINO E LA MONTAGNA" DI TORBJORN EKELUND
L’avventura di un padre e di un figlio nel selvaggio e immenso Nord. E’ questo il tema al centro del romanzo "Il bambino e la montagna" di Torbjorn Ekelund, nuova uscita della collana di narrativa "Passi", edita da Ponte alle Grazie e Club alpino italiano. "Nell’estate del 1894 un bambino di sei anni si perde sulla montagna Styggemann. Centinaia di persone lo cercano nella natura selvaggia ma il bambino scompare senza lasciare traccia. 122 anni dopo, un padre, Torbjorn Ekelund, e un figlio di sei anni, decidono di avventurarsi nella stessa zona. Hanno una tenda, uno zaino, fornello e viveri. Il loro obiettivo è la cima dello Styggemann, sulle tracce di quel bambino persosi più di un secolo prima. Perché si è perso? Come mai non ha trovato la strada per tornare indietro? Un padre e un figlio vanno alla scoperta di cosa significa immergersi nella Natura, confrontarsi con i suoi pericoli, le sue insidie, la sua bellezza. Temerla e amarla, nello stesso tempo, rispettarla ma saperla usare per sopravvivere. E cosa vuol dire trovare la strada e poi perderla, e ritrovarla di nuovo", recita la sinossi. "Il bambino e la montagna" vuole essere un libro di grande intensità, che racchiude una visione nuova della natura, non idilliaca ma di empatia e rispetto, per permettere al lettore di comprenderne la vera essenza. Tra i temi affrontati dall’autore il ritorno alla natura, quello che essa ha da insegnare e la relazione tra padre e figlio. Torbjorn Ekelund è uno scrittore e giornalista norvegese, fondatore del grande magazine online Harvest che tratta di natura ed ecologia. Ha scritto altri due libri, tradotti in diversi paesi.
ANDARE PER MATERA E LA BASILICATA
A lungo Basilicata ha voluto dire “Cristo si è fermato a Eboli” (1945). Una immagine forte e dolente, che non esaurisce però la ricchezza di quel mondo, salito all’attenzione internazionale prima con l’inserimento dei Sassi fra i siti Unesco nel 1993, poi con Matera capitale europea della cultura 2019. Ad accompagnarci nell’itinerario che si snoda tra vari centri lucani, alcune guide di eccezione: non solo Carlo Levi, visceralmente legato ad Aliano, ma anche Pier Paolo Pasolini, innamorato degli antichi rioni materani, Rocco Scotellaro, sindaco di Tricarico, poeta e scrittore, Giovanni Pascoli, che insegnò al liceo classico di Matera per due anni, la poetessa cinquecentesca Isabella Morra, straziata nella rocca di Valsinni, Albino Pierro e la sua Tursi, Leonardo Sinisgalli, mai dimentico di Montemurro. Su tutti, Orazio e la sua Venosa. Sono le voci raccolte da Eliana De Caro in “Andare per Matera e la Basilicata” (Il Mulino). L’autrice, nata a Matera, è giornalista al Sole-24 Ore e vice-caposervizio del supplemento cultura della Domenica, dove cura le pagine di Luoghi e persone, Storia e storie, Economia e società. Ha partecipato ai volumi collettanei “Basilicata d’autore” (Manni, 2017), “Donne della Repubblica” (2016) e “Donne nel Sessantotto” (2018), questi ultimi editi dal Mulino.
“MAI FERMARSI”, BARBARA PALOMBELLI SI RACCONTA
“Mi sembra di essere cambiata pochissimo: il mondo attorno a tutti noi, invece, corre così veloce che mi è tornata la voglia di fermarmi, di nuovo, per raccontare come eravamo e come mai siamo diventati così. Non ho mai avuto tempo per chiedermi se ero felice”. Il segreto di Barbara Palombelli è vivere tutto in presa diretta, senza filtri, in uno slancio continuo di rigore ed entusiasmo che non conosce tregua. Dall’infanzia negli anni Cinquanta (“una realtà libera come nessun asilo potrà mai essere”) all’avventura della conduzione di Forum (“un transatlantico da guidare tutti i giorni, su cui si provano emozioni incredibili”), in “Mai fermarsi ( Rizzoli) l’autrice racconta con dolcezza e ironia gli affetti e gli eventi che l’hanno accompagnata, coinvolgendo noi tutti nelle sue peripezie di bambina, ragazza, donna. “Ero una bambina preoccupata,” scrive “sono una donna ancora preoccupata.” L’impegno continuo e costante, nel lavoro come nella vita famigliare, è stato il suo segreto. Nella sua valigia dei ricordi ci sono le ginocchia sbucciate di una bambina irrequieta, un’educazione rigorosa ma libera, il rumore delle macchine da scrivere nelle redazioni dei giornali, Roma con i suoi giardini e le sue strade, con le sue case e i salotti. E poi quattro figli, di cui tre adottati dopo lunghe battaglie, una famiglia che sembra un circo, gli amici, i maestri, i compagni di viaggio. In queste pagine dense di emozioni si scopre il mondo di una donna che ha avuto il coraggio di correre dietro ai suoi sogni. “Non ho mai buttato un minuto della mia vita o del mio corpo. Le persone con cui ho vissuto i momenti più belli le amerò per sempre”.
FARINETTI RACCONTA LA STORIA DEI SENTIMENTI UMANI
“La storia dei sentimenti umani ci può aiutare a capire che l’economia, la politica e le altre forme di organizzazione umana che paiono vivere di leggi, algoritmi e regole, in realtà sono figlie dei nostri sentimenti. Ve ne sono stati di meravigliosi nel corso della storia. Studiamoli, copiamoli e vivremo più felici”. Dalla scoperta del fuoco alla rivoluzione industriale, dalla democrazia ateniese all’intelligenza artificiale, lo spirito di ogni grande salto della storia dell’uomo si può racchiudere in un sentimento prevalente, in un’emozione collettiva che ha mosso i nostri antenati verso nuove invenzioni. Oscar Farinetti in “Breve storia dei sentimenti umani” (La Nave di Teseo) intreccia le storie del passato con l’Italia e il mondo di oggi per invitarci a guardare alle energie positive chiuse dentro di noi, un potenziale enorme di cui abbiamo un grande bisogno, e che aspetta di essere liberato. Natale Oscar Farinetti, detto Oscar, è un imprenditore. Nato ad Alba, capitale delle Langhe, nel 1954, comincia nel 1978 a lavorare con il padre nel supermercato Unieuro. A metà degli anni ottanta, trasforma Unieuro in centri specializzati in elettronica di consumo. Nel 2002 vende la catena Unieuro per tornare alla tradizione di famiglia, il cibo. Fonda Eataly, che oggi è la più importante realtà mondiale per l’alta qualità dell’enogastronomia italiana. Ha scritto Coccodè (2009), 7 mosse per l’Italia (2011), Storie di coraggio (2013), Mangia con il pane (2015), Nel blu (2015) e Ricordiamoci il futuro. Sette storie e un riassunto (2017). Per La nave di Teseo ha pubblicato Quasi (con Marco Nereo Rotelli e Massimo Donà, 2018).
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