di Paolo Pagliaro
C’era una volta la Sinistra arcobaleno e non si può dire che abbia lasciato un segno imperituro nella politica italiana. Nel 2008 la lista con quel nome – composta da quattro diversi partiti, leader Fausto Bertinotti – non superò la soglia di sbarramento lasciando senza rappresentanza circa un milione di elettori.
Ultimamente l’arcobaleno, inteso come rivendicazione dei diritti civili e segno di pace, è tornato a riempire le piazze - non preceduto ma seguito dalla politica. E’ accaduto la scorsa settimana, in occasione del Pride, con grandi parate a Roma e in altre otto città. Accadrà di nuovo nei prossimi giorni . domani a Torino poi a Milano, con il tradizionale corteo dalla Stazione Centrale all’Arco della Pace.
L’arcobaleno è sinonimo di libertà e riscatto, sorge nel cielo dopo un acquazzone e promette il sereno. Fino al 2 luglio a Milano il Museo delle Culture ne racconta storia e leggende con una mostra accompagnata dalla ristampa del mitico Rainbow Book, il catalogo che all’inizio degli Anni Settanta mise l’arcobaleno al centro delle cronache culturali.
In Italia, di questi tempi, per quel movimento tira una brutta aria. Il Viminale ha vietato ai sindaci di registrare i figli delle coppie omosessuali. Per la destra, la difesa della famiglia tradizionale è un tema identitario e pazienza se Berlusconi sosteneva che – citiamo - “quella per i diritti civili degli omosessuali è una battaglia che in un paese davvero moderno e democratico dovrebbe essere un impegno di tutti”. Di quel Berlusconi lì in questi giorni si è parlato poco o niente.