“E’ stupendo come il mondo sia cambiato per i paralimpici, la figura dell’atleta sta crescendo. Siamo entrati ufficialmente nei gruppi militari: poter fare dello sport un lavoro è stato il traguardo più grande. Ma anche vedere che i bambini parlano di sport e disabilità a scuola, giocare con Barbie e pupazzi con le protesi o le carrozzine. La disabilità diventa normalità. Non siamo più eroi, come si pensava una volta, ma atleti”. Lo afferma in una intervista a Repubblica Bebe Vio, campionessa a Rio 2016 e Tokyo 2020, e che domani salirà in pedana per la sua gara di fioretto alla Paralimpiade di Parigi che si terrà al Grand Palais: “Siamo andati a vederlo: c’è chi è corso in bagno a vomitare, chi piangeva, chi non parlava più. È stato super emozionante, palazzetti così belli è raro averli. È magico riuscire a fare quel che sogni da tanto in un luogo così bello, possente, immenso. Non vedo l’ora” e “c’è la nazionale italiana più numerosa di sempre, i ragazzi sono bravissimi, stanno sfornando una medaglia dopo l’altra e ci fanno piangere ogni due secondi. È bello far parte di questa squadra”. Sottolinea poi l’importanza del logo unico: “E’ fighissimo il fatto che Olimpiade e Paralimpiade convivano”. Ha colpito il video in cui estraeva dal suo kit per Parigi i calzini che non può indossare…. “Diciamo che ho la fortuna di avere una famiglia che ci ha insegnato subito a prenderci in giro e a ironizzare su tutto. La frase peggiore che sento è sempre: ‘Nonostante tutto guarda cosa sta facendo’. Questo ‘nonostante tutto’ mi mette una tristezza… Siamo atleti che vogliono portare in alto il nome dell’Italia, ma lo scopo è anche ironizzare. Rigivan Ganeshamoorthy, il ragazzo che vinto l’oro del disco stabilendo tre record del mondo, ha rilasciato l’intervista più bella mai fatta secondo me. Gli hanno chiesto ‘ti stai trovando bene?’, e lui ha risposto: ‘Sì, però un po’ troppi disabili’. È questo che vogliamo far passare, l’ironia su qualsiasi cosa”, “sta cambiando il modo di comunicare, anche nel modo di rispondere degli atleti. Non è più un tabù parlare di normalizzare delle abilità, non delle disabilità. Tutto questo accresce la nostra cultura. Nel momento in cui conosci qualcosa non ti fai più problemi a fare o non fare domande, a guardare o non guardare: semplicemente vedi una cosa come un’altra. Ormai lo sport ha sdoganato la disabilità, è servita tantissima attività per farla diventare qualcosa di normale, sul quale è giusto anche ironizzare”. (3 set - red)
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