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direttore Paolo Pagliaro

BANCHE, TASSI AD 1%
SOLO PER ALTI DEPOSITI

BANCHE, TASSI AD 1% <BR> SOLO PER ALTI DEPOSITI

Tassi rasoterra sui conti correnti: per quelli con saldi inferiori a 50.000 euro, le banche offrono una remunerazione che varia tra lo 0,15% e lo 0,20%, praticamente irrisoria rispetto all’inflazione e alla perdita di valore del denaro. Anche per saldi più consistenti, compresi tra 50.000 e 250.000 euro, la remunerazione raramente supera lo 0,35%, rimanendo ben al di sotto delle attese. Solo i grandi depositi, superiori ai 250.000 euro, riescono a ottenere tassi più elevati, con un massimo dell’1,57% registrato nel Trentino-Alto Adige per le imprese e dell’1,31% nel Lazio. Tuttavia, anche in questi casi, i tassi restano largamente insufficienti rispetto al rendimento dei titoli di Stato, che offrono oggi il 4% sui btp a breve termine. La situazione è ancora più marcata per le famiglie. È quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa secondo cui l’analisi dei tassi d’interesse passivi applicati dalle banche italiane evidenzia un quadro che, a fronte di una politica monetaria restrittiva della Bce, lascia i correntisti fortemente penalizzati. Nonostante l’istituto di Francoforte abbia innalzato i tassi ufficiali fino al 4,5% nei mesi scorsi, con un successivo assestamento al 3,25%, le banche continuano a mantenere i tassi riconosciuti sui conti correnti a livelli prossimi allo zero. Un comportamento che alimenta un’enorme disparità tra i tassi attivi, applicati su prestiti e mutui, e i tassi passivi, che remunerano il risparmio della clientela. Il sistema bancario italiano, infatti, ha beneficiato in modo diretto degli aumenti dei tassi Bce, vedendo crescere significativamente i margini di interesse. Gli utili netti delle banche lo dimostrano: ai 16,4 miliardi di euro di utili profitti 2021, ai 25,4 miliardi del 2022 e ai 40,6 miliardi del 2023, potrebbero sommarsi, secondo stime preliminari, altri 50,2 miliardi del 2024, per un totale, nell’arco di quattro anni, di oltre 132 miliardi di profitti.  Un risultato record sostenuto dall’espansione della forbice dei tassi. Mentre i mutui a tasso variabile hanno raggiunto, nel 2023, punte del 6%, e i finanziamenti alle imprese superano spesso il 7%, i depositi a vista continuano a essere remunerati con tassi medi tra lo 0,15% e lo 0,35%, con pochissime eccezioni. Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, che ha analizzato dati aggiornati al secondo semestre del 2024, i depositi oltre i 250.000 euro, che rappresentano una quota minima della raccolta bancaria, ricevono tassi che in media non superano lo 0,72%. Per fasce inferiori, i tassi scendono ulteriormente: lo 0,35% per i saldi tra 100.000 e 250.000 euro e appena lo 0,27% per quelli tra 50.000 e 100.000 euro. In alcune regioni del Sud, come Calabria e Basilicata, la remunerazione per le famiglie è ancora più bassa, attestandosi rispettivamente allo 0,46% e 0,80% per i grandi depositi, con tassi prossimi allo zero per le fasce più basse.  L’analisi regionale conferma come i tassi passivi non solo siano bassi, ma rispecchino anche le profonde disuguaglianze economiche del Paese. Nelle regioni del Nord, come Lombardia, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna, i depositi delle imprese con saldi superiori ai 250.000 euro vengono remunerati con tassi compresi tra l’1,26% e l’1,57%, a fronte di valori inferiori all’1% nel Sud e nelle Isole. Le famiglie consumatrici seguono una dinamica analoga, con tassi superiori allo 0,70% nelle regioni più ricche e inferiori allo 0,50% nel Mezzogiorno. Tale situazione evidenzia non solo la minore competizione bancaria nelle aree meno sviluppate, ma anche un sistema che penalizza strutturalmente le fasce di risparmio più basse. Per i depositi inferiori a 50.000 euro, che rappresentano la maggior parte dei conti correnti in Italia, i tassi passivi restano uniformemente bassi in tutte le regioni, con valori medi tra lo 0,15% e lo 0,20%, incapaci di offrire una vera remunerazione ai piccoli risparmiatori. La forbice tra i tassi attivi e passivi ha raggiunto livelli preoccupanti. La stessa logica che porta le banche a incrementare rapidamente i tassi sui prestiti, in risposta alle decisioni della Bce, non viene applicata alla raccolta. Questo squilibrio genera un vantaggio unilaterale per gli istituti, che incamerano margini crescenti grazie all’ampliamento della differenza tra il costo della raccolta (sempre bassissimo) e il rendimento degli impieghi (sempre più elevato). Il risultato è evidente nei bilanci bancari, dove i margini di interesse hanno subito un incremento medio del 30% nel 2023. La disparità è particolarmente evidente se confrontiamo i tassi passivi italiani con quelli applicati in altri Paesi europei. In Germania e Francia, ad esempio, la remunerazione media per i depositi sopra i 50.000 euro ha superato l’1,5% a partire dal secondo trimestre del 2023, riflettendo una maggiore competizione tra gli istituti e una minore dipendenza dalla raccolta a vista. (2 dic - red)

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