“Negli anni successivi all'epidemia da Covid19 la crescita dell'economia italiana è stata imponente, inferiore, nell'ambito del G7, solo a Stati Uniti e Canada". A sottolinearlo oggi è stato Natale Forlani, presidente di Inapp (Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche), presentando alla Camera il rapporto dell'Istituto relativo al 2024. Alla crescita dell’economia è corrisposta anche una crescita dell’occupazione, che ha segnato un +3,5%, equivalente a 1,043 milioni di nuovi posti di lavoro rispetto al dicembre 2019: numeri che, insieme alla riduzione del numero di disoccupati (-1,009 milioni) hanno consentito il raggiungimento di un record storico in termini di occupati (62,5%). Un dato sottolineato anche dalla ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Elvira Calderone, che nel suo intervento ha parlato di crescita dell’ “occupazione stabile”, mentre “è in flessione l’occupazione a tempo determinato”, aggiungendo che “la flessibilità non deve necessariamente essere identificata in precarietà”. A fronte di questi dati permangono, però, il Rapporto parla di criticità “elevate” nel mondo del lavoro, specie in relazione al tasso di inattività, che ha raggiunto il 33,6%: in particolare, sottolinea il Rapporto, il dato supera di 10 punti la media UE per i giovani under 35 e raggiunge il picco del 58,2% per le donne del Mezzogiorno. Ciò che emerge inoltre è che “circa i due terzi del mancato utilizzo delle risorse umane in età di lavoro, in prevalenza giovani e donne, sono concentrati nelle regioni del Mezzo giorno”, mentre al Nord e in una parte del Centro Italia i tassi di occupazione sono “allineati alle medie europee e superiori per la componente maschile”. Il Rapporto Inapp sottolinea inoltre che per oltre il 47% delle imprese esistono “problemi nel trovare personale idoneo”, un dato, questo, in crescita di oltre 22 punti rispetto al 2019. Il mismatch, fa sapere l’Istituto, è alimentato da una “formazione professionale poco aderente ai fabbisogni delle imprese e da una riduzione della popolazione attiva”. E “la chiave per superare questo disallineamento è rappresentata dalle politiche attive per il lavoro”, fa notare il Rapporto, citando il varo del Programma GOL, che ha consentito di “elevare la partecipazione formale alle politiche attive del lavoro delle persone in cerca di lavoro (+178%) e al 30 novembre 2024 ha permesso a 3,1 milioni di persone di essere presi in carico. Di questi, circa 1,9 milioni (61,3%) hanno avviato o concluso una politica attiva o un tirocinio extracurriculare”, con un “esito occupazionale positivo per 1.139 mila lavoratori, pari al 36,6% del totale dei presi in carico, tra i quali il 58% assunti con contratti di natura temporanea”. Anche in questo caso il Rapporto sottolinea diverse criticità, che “motivano l’esigenza di una riforma organica delle politiche attive del lavoro”: “la crescente difficoltà nel sincronizzare le modalità e i tempi delle prese in carico; la bassa efficacia delle misure formative per le finalità occupazionali; il mancato funzionamento delle condizionalità previste per i beneficiari dei sostegni al reddito”. Sottolineato dal Rapporto anche il tema dell'occupazione femminile, “ostacolata anche dalla carenza di servizi di cura, che da una ricerca Inapp del 2023 sono alla base del 18% delle uscite lavorative e del 40% delle dimissioni volontarie delle donne”. In generale, ha sottolineato il presidente di Inapp, è necessario "un cambio di paradigma nell’affrontare i problemi, che metta al centro delle politiche economiche e del lavoro l’obiettivo di aumentare i livelli di produttività e le competenze dei lavoratori, nonché il pieno impiego delle risorse umane. Per le caratteristiche della nostra demografia (bassa natalità, progressivo invecchiamento della popolazione in età di lavoro, aumento delle persone anziane non attive) questa non è un’opzione, ma rappresenta la condizione primaria per mantenere livelli di benessere ritagliati sui fabbisogni emergenti della collettività", ha ribadito, aggiungendo che le criticità possono diventare "esplosive per l’impatto dell’invecchiamento della popolazione e per la pervasività delle tecnologie digitali, ma possono anche rappresentare la riserva da valorizzare per recuperare i ritardi storici". (14 gen-mol)
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