Roma, 22 gen - Parlando dei familiari delle vittime innocenti di mafia, presenti al Senato per il convegno 'Diritto alla verità e vittime innocenti di mafia', "è un evento importante e significativo perché le tante vittime che sono venute da tutta Italia erano qui, dentro le istituzioni, in una sala del Senato della Repubblica. Loro hanno fatto diverse richieste di diritti non riconosciuti e per questo abbiamo voluto parlare di diritto alla verità. Alcune battaglie le hanno vinte, altre ancora no, perché probabilmente sono più avanti del legislatore che invece corre dietro e su questo non ha ancora dato pienamente riconoscimento a quello che loro chiedono". Così a 9Colonne Vincenza Rando, senatrice del Pd, a margine del convegno, presso la Sala Zuccari del Senato. "Tante sono le cose che ci hanno chiesto - prosegue - intanto se il tema del diritto alla verità, già contenuto nella Costituzione, debba avere una sua autonomia come principio ed essere inserito". E continua: "Poi ci sono quelli che hanno chiamato 'diritti vivi', diritti 'viventi' che loro si sentono sulla pelle. Una delle cose che spero passerà in Commissione al Senato è il concetto del 'quarto grado', cioè se una persona riconosciuta vittima di mafia ha un parente che ha avuto problemi con la giustizia, anche se magari non lo conosce, c'era un automatismo per cui non potevano essere riconosciuti alcuni diritti. C'è stata una sentenza della Corte costituzionale e qui finalmente anche il legislatore ha detto che non ci può essere un automatismo. Se c'è una frequentazione è chiaro che non può essere riconosciuto. Questa è una delle cose su cui, insieme alla presidente della Commissione parlamentare antimafia, abbiamo lavorato. Poi c'era una sentenza che quasi imponeva di prendere una posizione". L'esponente dem conclude: "Abbiamo voluto guardare sotto differenti sfere, sia storica che giuridica, effettivamente cosa manca oggi, perché ancora abbiamo l'80% dei familiari che non conoscono la verità. Quindi abbiamo il tema della collaborazione, dei collaboratori di giustizia che sono strumenti importanti per conoscere le storie dal di dentro. Non si devono indebolire questi istituti. Il senso era questo: mai più i familiari con dei cartelli per chiedere i diritti fuori dalle istituzioni, ma dentro che li chiedono a pieno titolo". (PO / gci) ////
(© 9Colonne - citare la fonte)
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