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direttore Paolo Pagliaro

CONFESERCENTI: COSTI
ENERGIA ALLARMANO

CONFESERCENTI: COSTI <Br> ENERGIA ALLARMANO

Roma, 25 gen – Lo spettro del caro-bollette torna a preoccupare le piccole e medie imprese che operano nel settore del commercio, turismo e servizi. Le attuali tensioni al rialzo dei prezzi energetici rischiano di trasformarsi in un vero e proprio danno economico per queste attività, che nel 2025 potrebbero dover affrontare un aggravio di circa 2,6 miliardi di euro rispetto all'anno precedente. Un aumento che colloca l'Italia tra i paesi con le bollette più alte d'Europa, come stimato dall'Ufficio economico Confesercenti. Il 2025 è iniziato con forti tensioni sui mercati energetici, con un aumento del 32% del prezzo dell'energia rispetto alla media del 2024 e un più significativo +50,2% rispetto al gennaio dell'anno scorso. Questo incremento va ad aggiungersi a un quadro già preoccupante, con l'Italia che continua a presentare costi energetici ben superiori alla media europea: +20% rispetto alla Germania e +25% rispetto a Francia e Spagna. Per le piccole imprese, l'aumento delle bollette energetiche si tradurrà in un aggravio medio di circa 1.300 euro all'anno. In alcuni settori ad alta intensità di consumo energetico, come i pubblici esercizi, la bolletta potrebbe arrivare a pesare fino all'8-10% del fatturato complessivo. Le imprese del commercio, in particolare, sono destinate a sostenere il peso maggiore, con un aumento di circa 800 milioni di euro. Gli alberghi e i pubblici esercizi dovranno fare i conti con aumenti rispettivamente di 250 milioni e 450 milioni di euro. Il restante incremento, pari a 1,1 miliardi, si distribuirà tra logistica, servizi alle imprese e altri comparti del terziario privato, come il benessere e l’artigianato. Oltre ai costi diretti, le piccole e medie imprese temono anche un impatto negativo sui consumi. Se le tensioni sui prezzi energetici non saranno contrastate, secondo le stime, l’inflazione potrebbe superare il 2%, con un conseguente aggravio di 9,6 miliardi di euro sulla spesa delle famiglie. Di questi, 7,5 miliardi sarebbero dovuti all’aumento dei costi energetici, mentre i restanti 2,1 miliardi deriverebbero dalla riduzione dei consumi in altri settori. "Non siamo come nel biennio 2021-2022, quando abbiamo affrontato un vero tsunami di aumenti energetici. Rimane però una situazione da monitorare", ha dichiarato Confesercenti. "Le piccole e medie imprese del terziario sono già oggi assediate dall’aumento dei costi, a partire dalle materie prime, dalle farine al caffè. Inoltre, questi andamenti sono tali da alterare il quadro di crescita assunto dal governo nei suoi documenti programmatici." Per evitare che il caro-energia pesi ulteriormente sulla crescita economica, l’associazione sollecita l'adozione di interventi correttivi, come la riduzione della componente fiscale del prezzo dell’energia, già attuata in passato. "Senza un intervento, rischiamo che il caro-energia, attraverso gli effetti appena descritti, pesi anche sulla crescita, causando una riduzione di 3,2 miliardi di euro del PIL”. (red – sem)

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