I dazi “aumentano le disuguaglianze, perché rafforzano il dollaro, facendo crescere gli interessi sul debito dei Paesi in via di sviluppo, che così hanno ancora meno risorse da spendere nell’istruzione, nella sanità, nelle infrastrutture” e “la Ue dovrebbe far valore la propria leadership”. Lo afferma Martín Guzmán, economista, professore alla Columbia University e ministro argentino dell’Economia dal dicembre 2019 al luglio 2022, in una intervista a Repubblica, parlando da Roma dove partecipa alla conferenza sulla giustizia fiscale organizzata in Vaticano dalla Pontificia accademia delle scienze e dall’Icrict, la Commissione indipendente per la riforma della tassazione internazionale delle imprese. Dopo la decisione di Trump di tirarsi fuori dall’intesa raggiunta dall’Ocse nel 2021 sulla tassazione globale delle multinazionali, che possibilità ci sono ancora di attuarla? “Il primo pilastro, che prevedeva lo spostamento di parte dei profitti tassabili dal Paese dove l’impresa ha la sede a quello dove si realizzano le vendite, richiede la ratifica degli Stati e quindi è praticamente morto. Il secondo, che prevede la tassazione minima del 15% per le multinazionali con almeno 750 milioni di fatturato, ha ancora delle speranze. Il 15% non è sufficiente, ma è un passo in avanti. Le trattative però andrebbero spostate all’Onu”. Il ruolo di Musk con Trump? “Esiste un movimento internazionale per promuovere attivamente l’elusione fiscale da parte delle grandi multinazionali, che include i leader che hanno beneficiato di innovazioni finanziate dallo Stato, come Musk con Tesla. Trump lo favorisce, illudendo gli americani che i dazi possano riportare il benessere perduto, mentre la causa è la disuguaglianza, rafforzata da una tassazione iniqua, che pesa soprattutto sulle Pmi e impoverisce anche la classe media”. (14 feb - red)
(© 9Colonne - citare la fonte)