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Migrazioni, deportazioni, sfruttamento, criminalità

Migrazioni, deportazioni, sfruttamento, criminalità

di Piero Innocenti

Sono stati 4.844, in questo scorcio di 2025, alla data del 14 febbraio, i migranti soccorsi in mare e/o sbarcati sulle nostre coste (per lo più a Lampedusa), in aumento rispetto allo stesso periodo del 2024 (4.022), con la prevalenza di cittadini bengalesi (1.743), pakistani (918) e siriani (564). L’Italia, come altri Stati dell’Europa meridionale, è ormai da alcuni decenni luogo di destinazione - ma anche di transito – di significativi flussi di immigrati giunti in modo legale e illegale. La situazione era ben diversa agli inizi del secolo scorso.
La rivista “La Voce della verità” nella edizione del 29 luglio 1902 attestava che una statistica presentata in occasione del congresso internazionale di Parigi contro la tratta delle bianche, assegnava al nostro Paese il vergognoso primato di 80 mila bambini e bambine e trasferiti clandestinamente oltreoceano nelle mani di girovaghi e in quelle di tenutari di bordelli di Algeri, Tripoli e Porto Said.
In realtà oggi tutto il mondo occidentale è investito da grandi movimenti di popolazione determinati da molteplici fattori tra i quali assumono particolare importanza: a) gli squilibri di natura demografica; la popolazione è in crescita e continua ad espandersi esclusivamente nei paesi ad economia meno avanzata. Ciò determina un aumento del bisogno alimentare in zone ove le risorse diminuiscono o restano inalterate; b) gli squilibri di natura economica; la condizione dei cittadini dei paesi poveri è sempre più critica. La povertà determina una bassissima qualità della vita e prospettive non comparabili con quelle offerte dai paesi industrializzati. Il divario tra queste due realtà non è destinato a ridursi; c) gli squilibri di natura sanitaria o ambientale: le epidemie, la siccità, la desertificazione; d) gli squilibri di natura politica; guerre, scontri etnici, terrorismo, rivalità tribali, determinano molte situazioni in cui le istituzioni statali sono incapaci di garantire livelli di tutela minima ai cittadini.
Contribuiscono a questi fenomeni anche processi di destabilizzazione derivanti da crisi politiche internazionali ma non vi è dubbio che la profonda spaccatura tra i paesi ricchi e poveri sia la causa principale di tali migrazioni. Per cercare di fronteggiare tale fenomeno molti paesi hanno adottato misure repressive innalzando barriere ai confini, schierando consistenti nuclei di forze militari, modificando le leggi per espellere rapidamente i “clandestini”, ostacolando in vari modi le attività di soccorso in mare delle navi delle Ong. Anche negli USA il neo presidente Trump ha subito rivolto una speciale attenzione al tema sbandierando con video e foto numerosi migranti in manette mentre si accingono ad essere imbarcati su aerei per essere “deportati” nei paesi di origine. La precedente gestione di Biden presidente non è stata da meno se si da uno sguardo al sito dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement) organismo deputato alla gestione dell’immigrazione; dal 2021 al settembre 2024 sono stati ben 545.252 i rimpatri di cui 271.484 in soli 9 mesi del 2024, oltre a più di un milione di detenzioni di stranieri irregolari. Anche il premier inglese, il laburista Keir Starmer, ha voluto dare una svolta sull’immigrazione pubblicando, nei giorni scorsi, video di immigrati scortati dalla polizia sugli aerei in partenza. Sistemi repressivi che non risolveranno un problema complesso che richiede una politica di interventi fondati sul dispiegamento di profonde sinergie tra i Paesi interessati con l’obiettivo di determinare nei Paesi di origine dei flussi condizioni di vita e di sviluppo idonee a risolvere, o quantomeno ad attenuare, la pressione migratoria.
Anche il tema criminalità/ immigrazione continua ad essere una delle tematiche più dibattute ma più controverse. Non sono sufficienti i dati grezzi per comprendere la realtà, né sono ancora rinvenibili dati di rilievo scientifico diretti a dimostrare l’esistenza di un reale collegamento tra “produzione di criminalità” e presenza di immigrati stranieri. Appare troppo semplicistico sostenere che la nazionalità costituisca una variabile capace di spiegare la criminalità, “etnicizzando” così la devianza. D’altra parte non si può disconoscere l’esistenza di una oggettiva correlazione statistica tra immigrazione clandestina e criminalità ( evidenziata anche nei report periodici stilati dal Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza). Anche questo dato va correttamente letto e interpretato facendo riferimento, per esempio, alle aree in cui si verificano gli episodi di criminalità, al calo del reddito, alla disoccupazione, alla carenza di abitazioni, alla inconsistenza dei servizi pubblici.

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