“Se le recenti dichiarazioni delineano il nostro futuro, possiamo aspettarci di essere lasciati in gran parte soli per garantire la sicurezza in Ucraina e nella stessa Europa”, una considerazione che come conseguenza porta alla necessità di “agire sempre più come se fossimo un unico Stato”. Sono le parole che l'ex presidente della Banca Centrale Europea e autore del Rapporto sulla Competitività Ue, Mario Draghi, ha rivolto al Parlamento europeo parlando delle sfide future che l’Unione dovrà affrontare e che coinvolgono “la ricerca, l'industria, il commercio e la finanza” e numerosi attori politici, economici e istituzionali. L’ex presidente del Consiglio italiano ha esortato a una risposta “rapida, perché il tempo non è dalla nostra parte, con l'economia europea che ristagna mentre gran parte del mondo cresce”. L’occasione del suo discorso, non a caso, è stata la competitività nell'Unione europea: parlando degli 800 miliardi di investimenti all’anno necessari per rilanciare l’Unione europea, stando al suo Rapporto, ha specificato che occorre “abbattere le barriere interne, standardizzare, armonizzare e semplificare le normative nazionali e spingere per un mercato dei capitali più basato sull'equity”. Il tutto, specifica Draghi, gestendo al meglio la “transizione per le nostre industrie tradizionali”, poiché “in questo mondo in cui le relazioni geopolitiche si stanno evolvendo e il protezionismo è in aumento, mantenere industrie come l'acciaio e i prodotti chimici che forniscono input all'intera economia e sono fondamentali per la difesa è diventato strategico. Il supporto alle industrie tradizionali è spesso rappresentato come una scelta binaria. Possiamo scegliere di lasciarle andare e consentire alle risorse di spostarsi verso nuovi settori, oppure possiamo sacrificare lo sviluppo di nuove tecnologie e infine rassegnarci a una crescita permanentemente bassa. Ma la scelta non deve essere così netta”.
Sul versante delle vulnerabilità europee, Draghi ha segnalato il sistema di difesa, “dove la frammentazione della capacità industriale lungo linee nazionali impedisce la scala necessaria. Anche se siamo collettivamente terzi al mondo per spesa, non siamo in grado di soddisfare un aumento della spesa per la difesa attraverso la nostra capacità produttiva”. Come ha spiegato, in questo caso l'Ue è inferiore alla somma delle parti. Poi c’è il tema delicato del settore energetico, sul quale ha affermato che è diventato imperativo abbassare i prezzi dell’energia, una necessità “non solo per le industrie tradizionali, ma anche per le tecnologie avanzate”. Al riguardo, ha dichiarato che è “sempre più chiaro che la decarbonizzazione stessa può essere sostenibile solo se i suoi benefici vengono anticipati”. Nel suo discorso, Draghi ha citato anche una serie di motivazioni alla base degli alti prezzi dell'energia in Europa, ovvero “oltre al fatto che l'Ue non è un importante produttore di gas naturale, il coordinamento limitato dell'approvvigionamento di gas naturale, il funzionamento del mercato energetico, i ritardi nell'installazione di capacità rinnovabili, reti sottosviluppate, elevata tassazione e margini finanziari”. Tutti elementi che Draghi ha invitato a cambiare mantenendo salda la volontà di farlo. Ha concluso, infine, con la richiesta di “garantire parità di condizioni per il nostro innovativo settore delle tecnologie pulite in modo che possa beneficiare delle opportunità della transizione”. (18 FEB - gci)
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