“Non scorderò mai quando mi vidi mentre tiravo un calcio ad un pallone su una gigantografia al Workers’ Stadium di Pechino. Ero diventato uno degli ambassador delle Olimpiadi del 2008, l’unico italiano, senza che lo sapessi! Giocavo nella squadra di calcio dell’ambasciata e con degli amici due anni prima avevamo fondato una squadra di calcio ad 11, la Italia Fc, con cui gareggiavamo nei tornei e ci divertivamo a sfoggiare il nostro stile tricolore. La cosa piaceva molto e mi fecero delle foto mentre giocavo… E così mi ritrovai sui manifesti ufficiali dei giochi olimpici mentre facevo una rovesciata accanto alla scritta ‘One world one dream’. E fu davvero un sogno! Ma di quei 13 anni, che mi ha reso quello che sono oggi sia a livello di tenacia che di voglia di fare, conservo tanti ricordi emozionanti e quando sento Cina per me è come dire casa”. E infatti, nel suo appartamento nel quartiere romano (e natio) di Monteverde Vecchio, dove è tornato nel 2016 – “sono legatissimo al mio quartiere, come ogni monteverdino” - per fondare il Gruppo Matches, da cui è appena nata la videofactory GM production, Andrea Cicini si è attorniato di mobili, oggetti e statue del paese del dragone e non è strano sentirlo parlare al telefono in fluente mandarino. Oggi infatti, dall’Italia, cura la campagna promozionale della China Eastern Airlines per l’apertura degli hub Venezia-Shanghai e Milano-Xi’an, la sua agenzia ha un desk ad Hong Kong e poco tempo fa, alla presentazione di un brand cinese dello sport system outdoor, ha lanciato l’idea creare una “via della seta dello sport” perché quel millenario ed oggi tanto discusso legame tra occidente ed oriente venga fortificato da progetti concreti basati sulla capacità di emozionare ed esaltare le relazioni umane. Lo ha dimostrato aprendo la sua agenzia di comunicazione nel porto di Ostia, il più grande bene confiscato d’Italia, con uno staff di soli giovani, tutti del territorio, creando dal nulla il Buskers Festival con artisti di strada da tutto il mondo che nel settembre 2020 fu il primo evento in epoca Covid perché le famiglie “tornassero a sorridere” (oggi alla sesta edizione) ed aprendo ora una divisione dedicata all’audiovisivo ed alla cinematografia proprio mentre le piccole case di produzione vanno chiudendo, affidandone la direzione a Cristina Borsatti, sceneggiatrice, giornalista e scrittrice con una lunga esperienza nel settore: “Insieme abbiamo deciso di intraprendere questo viaggio con l'obiettivo di iniziare a selezionare giovani autori, anche stranieri, perché il nostro obiettivo è costruire progetti che abbiano una ricaduta internazionale. Abbiamo prodotto un primo cortometraggio, Quinn, girato da Stefano Usberghi insieme a Gianluca Mangiasciutti, con cui peraltro sono cresciuto insieme. Di Gianluca amo molto il suo modo di guardare al tema della libertà e avevo prodotto nel 2017 il suo corto, A Girl Like You, girato insieme a Massimo Loi, con una giovanissima Aurora Giovinazzo insieme alla sorella Domiziana. Un emozionante lavoro che avevo dedicato alle famiglie ma anche a mia figlia. GM Production con le sue narrazioni vuole raccontare storie a forte contenuto valoriale e le sfaccettature dell’animo umano - di cui crediamo ci sia estrema necessità - attraverso varie espressioni, dalla musica, allo sport, al cortometraggio. Crediamo molto nei progetti visivi brevi perché in massimo 15 minuti devono colpire il cuore delle persone e lasciargli un messaggio talmente forte e incisivo da restare dentro nel tempo a seguire, che faccia riflettere. Lo abbiamo visto dopo il successo dei due anni del nostro Cinelido festival che ha portato il cinema breve dei David di Donatello lungo il chilometro della marina del porto di Ostia. E siamo molto felici e motivati perché dall'annuncio dell'apertura della divisione cinema ci stanno scrivendo tantissimi, anche dall’estero, per coprodurre”.
Sulla scrivania di Andrea Cicini spiccano due libri che rispecchiano in pieno la personalità di questo imprenditore che è anche un invidiabile sportivo (spazia dal tennis al volley, dal polo all’equitazione, dal judo al golf, dallo snowboard al trekking), organizzatore di innumerevoli manifestazioni sportive, da sei anni affianca con la sua esperienza la Dolomiti Extreme Trail nella Val di Zoldo, dove ha coinvolto da poco KAILAS, il rinomato sport brand cinese leader dell’ outdoor, collabora con la Rome15K, diversi progetti in Sardegna ed altro, ed è manager sportivo dell’immagine del triplista Andy Díaz Hernández, sul podio delle Olimpiadi di Parigi 2024, oggi campione del mondo, e della nuotatrice paralimpica Alessia Scortechini, oltre che curatore di progetti per marchi come Cisalfa, Enervit, Acea, Honda, Ford, Comitato Italiano Paralimpico, fino al rilancio della struttura del The Village Parco de' Medici: “La regola dei 5 secondi” di Mel Robbins, il celebre “metodo” che spinge ad affidarsi alla saggezza dell’intuito nelle decisioni della vita e “La felicità del lupo” di Paolo Cognetti, su quella alta montagna che riesce a scavare nelle emozioni. “Ho la caparbietà di un sangue montanaro perché mia mamma è delle Dolomiti. E grazie a questo ho imparato a procedere, come si fa in montagna, un passo dopo l'altro. Ma dalla Cina ho anche adottato un detto che amo molto: ogni passo serve a lasciare un orma. E me lo ricordo spesso perché in Italia, a differenza della Cina, si fatica a concretizzare i propri progetti, si deve combattere. E capita che la lotta più grande sia contro me stesso. Per tenere alta la voglia di fare. La Cina, a differenza dell’Italia, persegue la via dello sviluppo in maniera molto determinata e per questo offre opportunità enormi. Ha una velocità di azione e di messa a terra delle progettualità che in Italia non si trova. Perché? L’Italiano non sa fare sistema, è un giocatore solitario, spesso agisce in modo provinciale, senza visione internazionale. Per capire la grandezza di questo paese bisogna viverlo a lungo ed entrare nella sua cultura, parlare la sua lingua. Tra noi italiani, a Pechino, girava questo aneddoto: c'è chi sta in Cina una settimana e al ritorno scrive un libro, chi sta 15 giorni e al ritorno scrive un articolo e chi sta più di un mese e al ritorno non scrive niente…. Quando sento discorsi demonizzanti sulla Cina chiedo se sarebbe mai stato possibile per me, rimanendo in Italia, neanche trentenne, arrivare a guidare progetti di comunicazione così ambiziosi, gestire la troupe Rai per le Olimpiadi di Pechino 2008, costruire la prima casa Italia paraolimpica a Pechino, il padiglione del Ministero dell’Ambiente Italiano all'Expo di Shanghai nel 2010 e progetti per Anica, Ice e la Camera di commercio, Enit su cinema, moda, calcio, formula uno, tennis, moto GP. E con brand come Fiat, Costa Crociere, Bulgari, Robe di Kappa… Produrre il documentario del sinologo Sergio Basso sulla memoria della Lunga marcia nella Cina di oggi insieme al governo cinese, che per la prima volta ha investito sulla regia di un autore italiano. Se fossi rimasto in Italia, per fare tutto quello che sono riuscito a fare in quei 13 anni in Cina, mi sarebbero servite sei vite. E questo è un parallelismo che andrebbe tenuto a mente perché la visione di un Paese dovrebbe concentrarsi sul suo futuro che sono i suoi giovani. Cosa che l’Italia non fa a differenza della Cina che ha una proiezione molto chiara del domani e per questo investe anche molto sui propri giovani connazionali emigrati all’estero che sono una risorsa estremamente importante. Con l’Anica, di cui sono stato rappresentante in Cina, avevo aperto il desk nel mercato dell’impero celeste, avviato un progetto di internazionalizzazione cinematografica che puntava proprio sui giovani italiani emigrati nel paese e che ebbe successo ma che non siamo stati poi in grado di proporre in altri Paesi perché l’Italia non comprende quale arricchimento siano le comunità italiane all’estero. Nacquero così nel 2013 i China Day al Roma Film Festival, scambi bilaterali di produzione allo Shanghai Film Festival e, tra il 2014 ed il 2016, abbiamo dedicato dei focus sull’Italia al Beijing International Film Festival e all’Hong Kong Film Festival ed organizzato i China Film Forum che, legati al Festival di Venezia, hanno aperto una finestra per gli investitori cinesi che volevano avviare progetti in Italia, oltre ad aver portato in Cina Giuseppe Tornatore, i Manetti Bross, Giuseppe Bonito e tanti altri. E con una cara amica, Mrs. Jane Shao, che ha creato un circuito di sale cinematografiche in tutta la Cina, in quegli anni abbiamo portato la visione di tanti film italiani. In quello che è un mercato dai numeri mostruosi, da 1 miliardo e 400mila spettatori, dove già nel 2011 aprivano centinaia di schermi al giorno, e peraltro anche Imax, come fosse nulla, e sono innumerevoli le sale da 40-50 posti usate per eventi vari. Una esplosione continua, esponenziale, come una scatola di pop corn, che ha ripreso in pieno dopo il fermo del Covid”.
Il lockdown Andrea Cicini lo ha attraversato mentre compiva un anno la sua agenzia di comunicazione, il Gruppo Matches, cuore del progetto di riqualificazione del porto di Ostia affidato proprio all’imprenditore. “Un posto a me caro, dove ho trascorso la mia infanzia e che ha il diritto di esprimere la sua forza sociale e culturale, di non far parlare di sé solo nelle pagine di cronaca nera. Un territorio della forza mostruosa a livello culturale, dalla torre San Michele di Michelangelo alle memorie di Pasolini, a Federico Fellini. E da questo sentire nasce una agenzia di comunicazione rivolta ai giovani del luogo che hanno fame di fare ma faticano ad emergere. Oggi sono in nove e sono molto fiero di loro. Gestiamo progetti legati a sport e turismo in tutta Italia e all’estero, con clienti cinesi, australiani, il governo delle Maldive. Il mio intento, come ripeto anche nei master di marketing della comunicazione che conduco, è spingere i giovani a guardare fuori dai propri confini, come accaduto a me. Spesso, se si resta nella comodità nella comfort zone della famiglia e degli amici, si vive in una nebulosa che impedisce di metterci alla prova, di capire chi siamo veramente, cosa possiamo fare concretamente per realizzarci. Uscendo si torna poi con una forza maggiore, si diventa dei grimaldelli capaci di cambiare anche un paese come il nostro, che sembra paralizzato, demoralizzato e disilluso ed in cui i media - non capisco perché lo facciano – opprimono e spaventano i giovani con casi di cronaca terrificanti invece di raccontare le tante storie di successo, umano e imprenditoriale, che accadono nella realtà”.
Un salto impegnativo cui l’imprenditore era giunto al termine di tre anni molto intensi avendo seguito un team italiano alle Olimpiadi di Rio del 2016, la finale dello stesso anno a Milano della UEFA Champions League per Unicredit e la convention ministeriale del G7 nel 2017. Il fermo del Covid non ferma la spinta della startup ed anzi fa germogliare l’idea del Roma Buskers Festival: “Per noi oggi è come un pezzo della nostra aorta. Da padre avevo vissuto lunghi mesi con la dad di mia figlia e comprendevo bene la grande pressione psicologica e le difficoltà emotive vissute nelle famiglie. Con i ragazzi del mio team, ci siamo chiesti come riuscire a riportare il sorriso nelle relazioni tra genitori e figli. Così abbiamo pensato ai clown in Otto e mezzo di Federico Fellini il cui finale si svolge proprio dove ora sorge la marina di Ostia. Ed è nata così la prima edizione del Roma Buskers Festival, uno dei pochi eventi pubblici organizzati in Italia nel settembre del 2020, al termine del primo lockdown. Portammo 35 artisti di strada, selezionati tra 300, ad esibirsi davanti a 15mila spettatori, riuniti rispettando le norme di sicurezza di quel periodo. Ancora oggi ho la pelle d’oca ricordando i genitori ed i loro figli seduti insieme, spensierati, sollevati. Ho risentito quella magia che respiravo da bambino a piazza Navona per la Befana, con i miei nonni e la famiglia di mio padre che vendevano giocattolai in legno, di quella manifestazione che sarebbe fantastico se tornasse allo spirito delle origini. Oggi siamo alla sesta edizione, con un pubblico di 30mila persone in 3 giorni, a inizio luglio ed artisti che vengono da tutto il mondo, Cile, Giappone, Francia, Spagna, Inghilterra e gemellaggi con festival internazionali perché siamo sempre proiettati nell’ottica dello scambio culturale. Così abbiamo mandato in Australia per 10 giorni dei nostri artisti finanziando il viaggio. D’altronde copriamo le spese del festival all’80 per cento. Ma confidiamo che finalmente le amministrazioni ci sostengano di più riconoscendo quanto un evento come questo sia un forte volano socioculturale ed economico. Un progetto che ci appassiona e che stiamo anche rendendo itinerante. Lo scorso 8 marzo abbiamo portato artisti di strada in 17 sale bingo in tutta Italia e stiamo lavorando per portare il festival nelle piazze di 4 municipi e nei parchi romani. Per me sarebbe davvero un sogno poterlo fare a Monteverde e a Villa Sciarra, luogo a cui sono legatissimo, dove mia figlia è cresciuta da quando aveva 2 anni. Abbiamo scritto un cortometraggio dedicato proprio all'arte di strada e stiamo provando a partecipare a de bandi. Ma, bandi o non bandi, la missione è di produrlo perché a un certo punto bisogna essere caparbi nel portare a termine i sogni in cui ci si crede”. (17 apr – red)
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