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direttore Paolo Pagliaro

GAZA, STRAGE CONTINUA
40 MORTI IN POCHE ORE

GAZA, STRAGE CONTINUA <BR> 40 MORTI IN POCHE ORE

Ancora una giornata di sangue nella Striscia di Gaza. In una serie di diversi attacchi in differenti quadranti dell’enclave, nella sola giornata odierna le forze israeliane hanno ucciso quaranta palestinesi. L’ultimo attacco, che ha provocato il decesso di sei persone, è avvenuto contro una scuola che ospitava sfollati in un campo a Jabaliya, nella Striscia di Gaza settentrionale. Precedentemente, nella stessa zona, in un attacco contro un rifugio provvisorio ha provocato la morte ucciso almeno sette membri della stessa famiglia. La Protezione Civile ha inoltre segnalato l’uccisione di due civili a causa dei colpi dell'artiglieria israeliana nel quartiere di Shajaya a Gaza. Nelle prime ore di oggi, sedici persone sono state inoltre uccise nei bombardamenti vicino a Khan Younis, al sud, sette a Beit Lahya (nord) mentre ancora a Khan Younis un padre e un figlio sono stati trucidati dalle armi israeliane. 

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato al team negoziale dello Stato ebraico di “continuare gli sforzi” per garantire il rilascio degli ostaggi ancora detenuti nella Striscia di Gaza. Lo ha reso noto nella serata di ieri il suo ufficio. Il primo ministro, è stato spiegato, “ha tenuto mercoledì sera una riunione di valutazione sulla questione degli ostaggi con il team negoziale e alti funzionari della sicurezza. Il primo ministro ha dato istruzioni di proseguire nei passi volti a procedere con il rilascio dei nostri ostaggi”.

Intanto, in un rapporto diffuso ieri, l'esercito israeliano ha annunciato di aver attaccato più di 1.200 obiettivi per via aerea da quando ha ripreso l'offensiva terrestre il 18 marzo e di aver effettuato “più di 350 uccisioni mirate”. Nella nota è stato inoltre sottolineato che anche 40 alti funzionari di Hamas sono stati eliminati. Inoltre, l'esercito israeliano sostiene di aver trasformato circa il 30% della Striscia di Gaza in un “perimetro di sicurezza”, rendendola una zona cuscinetto in cui la popolazione palestinese non può vivere. Secondo l’IDF, è necessario “continuare ad aumentare la pressione su Hamas affinché il gruppo terroristico accetti un accordo sulla presa degli ostaggi”. Tale pressione non si traduce necessariamente in un'offensiva su larga scala, che infatti – è stato rimarcato – ancora non è stata attuata. Secondo l'esercito, infatti, un'offensiva di tale portata, volta a sconfiggere Hamas sul campo di battaglia, “causerebbe probabilmente il completo fallimento dei negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi”.

Di conseguenza, lo stato maggiore di Tsahal non ha fissato una scadenza per l'inizio dell'offensiva su vasta scala, “che sarà decisa dai vertici politici”. Come si legge nella nota diramata anche via social dall'IDF si spiega che “l’attuale operazione contro Hamas mira a continuare a esercitare pressione sul gruppo terroristico, preparando al contempo il terreno per una potenziale offensiva su larga scala. L'operazione in corso viene condotta lentamente, sia per garantire la sicurezza delle truppe sia per garantire la prosecuzione dei colloqui per la liberazione degli ostaggi”. Nella nota non si fa cenno alla continua strage di civili innocenti ormai giunta a proporzioni apocalittiche. Il bilancio delle vittime nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023 a causa delle azioni militari israeliane ha infatti ormai oltrepassato quota 51mila mentre i feriti sono oltre con 116 mila. Dalla rottura della tregua, oltre 1.600 persone sono state uccise e più di 4.300 sono rimaste ferite. Bisogna sottolineare che la stragrande maggioranza dei morti sono civili estranei alla guerriglia, in molti casi donne e bambini.

Nonostante questi numeri folli, l'esercito israeliano non dà segni di cedimento limitandosi a “prevede che finché l'operazione andrà avanti e verrà conquistato altro territorio, le truppe incontreranno maggiori ‘attriti’ con gli agenti di Hamas”, che “al momento vengono respinti e in gran parte non impegnano le forze israeliane”. Nella nota si spiega inoltre che “Uno dei principali obiettivi dei recenti attacchi aerei a Gaza sono stati i funzionari governativi di Hamas, tra cui i membri del politburo del gruppo terroristico e le sue forze di polizia”. Le IDF “hanno constatato che questi attacchi, insieme al blocco degli aiuti umanitari in entrata nella Striscia, hanno provocato un aumento della pressione da parte dei civili palestinesi contro Hamas, che si è manifestato sotto forma di proteste nelle strade di Gaza”.

A tale proposito va segnalato che proprio nella serata di ieri centinaia di palestinesi hanno scandito slogan contro Hamas durante una manifestazione a Gaza, chiedendo la fine della guerra con Israele. “Hamas fuori” e “Hamas è feccia”, sono due degli slogan scanditi dai manifestanti a Beit Lahya, nel quadrante settentrionale dell’enclave.  I manifestanti hanno inoltre innalzato cartelli con la scritta “Hamas non mi rappresenta”. Alcuni manifestanti hanno sventolato bandiere egiziane, elogiando il ruolo del Cairo nei tentativi di mediare un cessate il fuoco tra Israele e Hamas. In molti, intervistato dalla stampa internazionale, si sono detti a favore dell’immediato rilascio di tutti gli ostaggi israeliani in mano ad Hamas. Quella di ieri è stata la terza manifestazione nella Striscia di Gaza in un mese per chiedere la fine della guerra.

Tornando alla nota dell’esercito israeliano, va sottolineato che in essa si sostiene inoltre che “a Gaza non c'è carestia e che per ora c'è cibo a sufficienza per la popolazione” aggiungendo che lo stato maggiore “non auspica che a Gaza ci sia carestia, perché ciò comprometterebbe la sua legittimità ad agire contro Hamas”. Va sottolineato che tali affermazioni sono però state smentite da numerose organizzazioni umanitarie presenti nella Striscia, che parlano di una situazione gravissima sia dal punto di vista alimentare che sanitario. Del resto, secondo informazioni trapelate sugli stessi media israeliani, alcuni alti funzionari della sicurezza dello Stato ebraico hanno stimato che le scorte umanitarie e il cibo a Gaza dureranno solo per un altro mese circa.

Nonostante ciò, il ministro della Difesa Israel Katz ha ribadito che “la politica di Israele è chiara e nessun aiuto umanitario entrerà a Gaza” in quanto “impedire l'ingresso degli aiuti è uno degli strumenti principali” utilizzati per fare pressione su Hamas, “oltre alle altre misure che Israele sta adottando”. Sempre secondo indiscrezioni della stampa israeliana, i vertici dell'IDF starebbero discutendo su come far arrivare gli aiuti senza che raggiungano Hamas. Non viene esclusa l’ipotesi che “gruppi civili potrebbero potenzialmente distribuire aiuti umanitari nell'ambito di un futuro accordo”. Tornando alla nota delle IDF, in essa si legge inoltre che “Una volta completate le operazioni militari all'interno di Rafah, la zona cuscinetto delle IDF nella striscia di Gaza meridionale si estenderà dal confine egiziano fino alla periferia di Khan Younis, a più di 5 chilometri di distanza, e comprenderà l'intera città di Rafah. Anche la zona cuscinetto al confine con Gaza è stata estesa da diverse centinaia di metri a circa 2 chilometri nella maggior parte delle aree. Le truppe stanno attualmente lavorando per espandere la zona cuscinetto nei quartieri orientali di Gaza City, Shejaiya, Daraj e Tuffah. Anche metà del Corridoio di Netzarim, appena a sud di Gaza City, è sotto il controllo delle IDF, fino alla strada di Salah a-Din. In qualsiasi momento, le IDF affermano di poter riconquistare la metà occidentale del corridoio e di dividere nuovamente in due la Striscia”.

Intanto, circa 500mila persone sono state sfollate nella Striscia di Gaza dalla fine del cessate il fuoco, secondo l'ONU. “I nostri partner umanitari stimano che dal 18 marzo e dalla ripresa delle operazioni terrestri israeliane, circa mezzo milione di persone siano state sfollate per la prima volta o di nuovo" nella Striscia di Gaza, ha affermato Stephanie Tremblay, portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite, mentre quasi tutti i 2,4 milioni di abitanti di questo territorio palestinese erano già stati sfollati prima del cessate il fuoco.

(17 APR - deg)

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