Presentato per la prima volta nel 1980 presso La MaMa Experimental Theatre di New York, verrà messo in scena il 28 gennaio alle 18.30 all’Istituto italiano di cultura di Londra “Teatro patologico: tutti non ci sono”, spettacolo scritto, diretto e interpretato da Dario D’Ambrosi. Lo spettacolo inizia con la proiezione di un filmato girato a New York dall’italoamericano Gerald Saldo che mostra un paziente psichiatrico uscire da un ospedale con una gabbietta vuota in mano e vagare senza meta per la metropoli. È il 1978 e in ossequio alla Legge 180 di Franco Basaglia, chiudono i manicomi. I pazienti vengono dimessi dagli ospedali psichiatrici, catapultati nella città senza alcun criterio, senza considerare che molto spesso il matto viene considerato dalla società come un qualcosa di ingombrante e scomodo, di cui nessuno si vuole assumere la responsabilità. Nel filmato di D’Ambrosi il paziente (lo stesso D’Ambrosi) si trova solo. Dopo lungo peregrinare il malato arriva di fronte la porta di un teatro; si passa così dal filmato all’azione scenica. L’esterno, la società, diventa il pubblico, lo spettatore costretto suo malgrado a confrontarsi con la diversità, con un uomo che si fa fatica a considerare un attore che recita. Egli è a stretto contatto con il pubblico e lo invita a fare azioni stravaganti, pronunciare parole di cui ci si vergogna. Procedendo a braccio, D’Ambrosi costringe gli spettatori ad accarezzarlo e a stringerlo, ricreando quella ritrosia che è tipica di chi si trova di fronte a un vero malato di mente. Sulla bocca dello spettatore si disegna quel lieve sorriso di imbarazzo che caratterizza l’atteggiamento che si ha per i matti. D’Ambrosi sembra allora davvero un povero malato e lo spettacolo riesce nel suo intento di dimostrare quanto sia labile il confine tra pazzia e normalità, interrogandosi sul concetto stesso di pazzia al di là dei comuni preconcetti.
(© 9Colonne - citare la fonte)